

La spallata di cui all’articolo de “Il fatto quotidiano” del Dicembre scorso, non è stata data “all’assurdo muro del pregiudizio” come recita l’articolo ma, invece, ai nostri ragazzi. Proprio a loro che andrebbero tutelati da chi conosce realmente, scientificamente l’azione e gli effetti di queste sostanze che brevemente cercherò di semplificare. Vediamo di dare pochi ma importanti spunti di riflessione . Se paragoniamo il nostro cervello, costituito da circa 100 miliardi di neuroni che contemporaneamente e continuamente parlano tra loro scambiandosi informazioni interne ed esterne , ad una scuola durante la ricreazione, momento di massima confusione, dove il vociare è frastornante e moltiplichiamo tutto cio’ per 100 miliardi, certamente avremo un gran caos! Nel nostro organismo, esiste un sistema endogeno di comunicazione tra cellule, cosiddetto sistema Endocannabinoide, responsabile della regolazione di vari processi fisiologici e inoltre è in grado di regolare il volume del “ vociare “ ed evita che i segnali diventino troppo “forti”. Ora, se introduciamo nell’organismo una sostanza come, ad esempio, i cannabinoidi, succederà che tale sostanza agirà direttamente su questo sistema riuscendo a far TACERE tutto e tutti indistintamente agendo in maniera troppo invasiva sull’intero sistema potendo generare gravi alterazioni psicofisiche, talvolta letali. Si potrebbe pensare, quindi, che l’introduzione di Cannabis provochi un semplice e piacevole effetto uniformemente sedativo mandando quindi il cervello a riposo, ma, purtroppo, non stiamo trattando con un dispositivo elettronico con interruttore on/off. Nel nostro cervello, infatti, è presente una molteplicità enorme di circuiti, come quelli che stimolano i pensieri, le emozioni, i movimenti , i comportamenti, la veglia , la fame , la gioia e tanti altri che invece li inibiscono, altri ancora che inibiscono quelli inibitori. L’effetto di un farmaco moderatamente inibitore come il THC agirà su tutto questo e avrà effetti diversi al variare delle dosi, della composizione dei principi attivi e al variare dell’utilizzatore in funzione di una sensibiltà individuale. L’uso di cannabis, in maniera direttamente correlata alle variazioni dei principi attivi contenuti, alla frequenza d’uso, alle condizioni individuali ed al contesto, potrebbe potenziare i sintomi di un disturbo psicotico preesistente (es. schizofrenia), eventualmente sotto soglia o non ancora diagnosticato e provocarne il primo esordio, la ricaduta o l’aggravamento. Per questo motivo, si è ipotizzato che le alterazioni dei circuiti nervosi funzionanti a dopamina possano rientrare anche nella genesi dei sintomi dispercettivi o psicotici legati all’uso di cannabinoidi, ed è noto che la cannabis ha effetti complessi sul sistema dopaminergico. Inutile entrare nel meccanismo d’azione, ma è importante sapere che la dopamina è un neurotrasmettitore che agisce come un messaggero tra le cellule cerebrali e gioca un ruolo importante nella psiche umana, influenzando movimento, appetito, apprendimento e dipendenze. E’ inoltre vitale nel sistema cerebrale della ricompensa e precisamente è un’area dove nascono i comportamenti di dipendenza come quello relativo all’abuso di droga. Il THC stimola la dopamina, il che significa che fumare erba provoca un picco di questa sostanza chimica nel cervello, pertanto, fumando cannabis verifichiamo aumento dell’appetito, anche noto come “fame chimica” dovuto all’azione della dopamina sullo stimolo della fame. Sebbene la cannabis sia in grado di innescare l’innalzamento dei livelli di dopamina sul breve termine, col tempo, un eccesso di THC è effettivamente associabile ad un arresto del sistema dopaminico . Questo perché un consumo eccessivo di cannabis è stato ricondotto a numerose condizioni di salute mentale, laddove un rilascio rallentato di dopamina è associato a schizofrenia e psicosi. Un consumo pesante di cannabis conduce facilmente a difficoltà educative nel giovane e lavorative nell’adulto, e’ inoltre causa diretta di un deterioramento cognitivo, perdita di memoria e demotivazione. Una droga già liberalizzata è l’alcol è da considerarsi tale visto che secondo le indicazioni dell’Organizzazione della Sanità, si definisce droga qualsiasi sostanza psicoattiva che può provocare assuefazione e dipendenza. L’alcol è infatti, una sostanza psicoattiva, in grado cioè di modificare il funzionamento del nostro cervello e quindi la nostra percezione della realtà. La sua assunzione protratta nel tempo induce assuefazione o tolleranza, ossia si sente il bisogno di incrementare le dosi per ottenere lo stesso effetto, e dipendenza fisica e psichica.
LA LIBERALIZZAZIONE DELL’ALCOL A COSA HA PORTATO ?
Che ci sono quasi otto milioni di consumatori a rischio di bevande alcoliche in Italia ,tra i consumatori più a rischio compaiono i giovani. Il «binge drinking» ossia il consumo episodico di quantità eccessive di alcol (oltre sei bicchieri in una sola sera) è un fenomeno sempre più diffuso, soprattutto tra i ragazzi. Nei ragazzi, il consumo di alcol è la prima causa di morte ed è spesso alla base di diversi incidenti stradali, un decesso su tre (tra i giovani) potrebbe essere evitato non mettendosi alla guida dopo aver bevuto. L’alcol può esporre a forti rischi anche in seguito ad un singolo episodio di consumo, spesso erroneamente valutato come moderato, appena due bicchieri di una bevanda alcolica possono incrementare notevolmente il rischio di incidenti causati dall’inevitabile rallentamento della capacità di reagire prontamente agli stimoli acustici, luminosi e spaziali. La capacità di metabolizzare l’alcol è influenzata da vari fattori endogeni ed esogeni per cui diventa molto difficile identificare la quantità di consumo alcolico raccomandabili o “sicure” per la salute, inoltre sarebbe improprio “raccomandare” l’assunzione di una sostanza tossica o capace di indurre dipendenza, essendo una droga. L’alcol è assorbito molto rapidamente, particolarmente se consumato a stomaco vuoto ,soltanto il 10% dell’alcol consumato è eliminato attraverso la respirazione, il sudore o le urine mentre il restante 90% raggiunge il fegato, unico organo in grado di ossidarlo. La capacità del fegato di processare l’alcol è limitata, gli enzimi che si occupano di questi processi possono detossificare non più di una decina di grammi di alcol all’ora. Le sostanze tossiche in eccesso se ne vanno in circolo determinando effetti più o meno rilevanti a seconda della quantità di alcol consumata. Dobbiamo sapere inoltre che agisce a livello del sistema nervoso dove ha un’azione depressiva, interferendo con l’attività di numerosi sistemi di neurotramissione, rallentandone l’attività e la velocità di lavoro; dapprima si diventa euforici, rilassati e felici ma man mano che l’alcol si accumula e la velocità di trasmissione dell’impulso nervoso si riduce, subentrano difficoltà nel movimento, scadimento dei tempi di reazione, difficoltà di articolazione del discorso, confusione mentale e così via, fino ad arrivare al coma etilico agisce anche sugli organi dell’equilibrio con perdita progressiva dello stesso, infatti il passo diviene incerto e barcollante, come ben sa chiunque abbia visto un ubriaco impegnato a camminare in linea retta. L’alcol aumenta anche la frequenza del battito cardiaco e la pressione arteriosa. Tutto ciò ci porta ad un’unica conclusione: il perfetto equilibrio dell’organismo umano viene regolarmente messo in pericolo ogni qualvolta introduciamo dall’esterno sostanze che amplificando in modo dannoso le relazioni tra i vari sistemi che lo regolano ,generano conseguenze inattese ,spesso dannose e talvolta irreversibili .
Ne vale davvero la pena ?