
“E’ stata la mano di Dio“, film che l’Italia ha candidato agli Oscar e che dopo il Gran Premio della Giuria alla 78ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e il premio Mastroianni al protagonista Filippo Scotti è anche candidato agli Efa (European Film Awards), gli “Oscar” europei.
L’auspicio di veder trionfare il tricolore ad Hollywood, sette anni dopo il successo della “Grande Bellezza“, è indiscusso.
“Rispetto a sette anni fa c’è più consapevolezza perché ho capito come funziona e penso che ci sono così tante variabili che devono coincidere, variabili che non puoi mai controllare quindi devi sperare che la direzione la prendano da sole. E’ un processo lungo, complicato e poi è pieno di bei film”, ha ammesso Paolo Sorrentino.
Oggi il tema conduttore è un altro: il ritorno a casa, a Napoli. Ed è proprio in uno dei cinema più importanti del territorio napoletano, il Metropolitan, che il film è stato presentato.
Sorrentino ha girato nella città della sua adolescenza, persino nel suo palazzo, con il set al piano inferiore. La città in cui, come fa capitare al suo protagonista alter ego Fabietto Scotti, intravede la sua strada anche grazie all’incontro con il regista Antonio Capuano. “La mia speranza è che i giovani che lo andranno a guardare traggano l’idea che non bisogna mai abdicare ad una idea di futuro per se stessi. C’è una età, che è quella che racconto nel film, in cui questa idea può non vedersi e si può stare male“.

“E’ come partecipare al mio matrimonio, so che qui a Napoli il film verrà compreso in tutte le sue sfumature, sono davvero molto emozionato“, ha rivelato Sorrentino, reduce da un’emozione non da poco alla notte dei Leoni d’oro a Venezia. E poi l’uscita: il 24 novembre in sala e dal 15 dicembre sulla piattaforma.
Il tempo trascorre, si passa dalla scrittura alle riprese alle varie partecipazioni ai Festival, e l’emotività del film cambia aspetto.
“Questo film era nei miei progetti da molti anni e solo ora ho trovato il coraggio di attuarlo: era arrivato il momento giusto, avevo compiuto 50 anni, avevo una grandissima voglia di tornare a girare a Napoli, sentivo il bisogno di un set estivo, una possibilità di evasione a fronte di un periodo buio per tutti. Oggi parlare quasi quotidianamente di “E’ stata la mano di Dio” ha indebolito i miei dolori e questo mi è stato di grande aiuto, una bella scorciatoia per non curarsi dei propri dolori anche se dopo le proiezioni il pubblico finisce per raccontarmi i suoi“.
Gli amici dell’estero hanno reagito allo stesso modo di quelli italiani: “Penso che il mio film sia artefice di un cameratismo universale, magari all’estero credono che una famiglia allargata come quella che faccio vedere sia inverosimile, invece chi conosce Napoli sa che è assolutamente reale. E poi si ride e si piange, ed è proprio l’effetto che speravo di ottenere“.
Un film intimo, personale, di svolta rispetto al cinema di Sorrentino. “La verità“, ha raccontato il protagonista Filippo Scotti, “Era la cosa che mi ha chiesto Paolo dall’inizio e che è stata chiesta anche agli altri attori”. Nonostante i tanti anni passati e le esperienze della vita Sorrentino non è poi così distante dal Fabietto di allora; sono l’uno l’immagine speculare dell’altro.
Napoli diventa anche l’occasione per ricordare quei tempi e anche il primo film, giusto venti anni fa, “L’uomo in più“, interpretato dall‘amico inseparabile Toni Servillo.
“Non potrei vivere in nessun altro posto“, ha detto Servillo. Ha aggiunto Sorrentino: “Questa città se la cava egregiamente da tantissimo tempo, non è facile diventare altro da ciò che è“.
Napoli è anche il ritratto di Massimo Troisi: “La mia ancestrale guida di questo film è Massimo, c’è lui regista dietro tante scene e nel finale c’è uno dei suoi capolavori, Le vie del signore sono finite“.