
La storia ebbe inizio nel novembre 2007 quando Vodafone cedette 914 lavoratori a una compagnia outsourcer tramite una cessione di ramo d’impresa.
La prima sede a vincere le cause fu quella di Roma: ai lavoratori ceduti il tribunale riconobbe l’inesistenza del ramo d’azienda e la conseguente dichiarazione di nullità della cessione con obbligo di reintegro dei lavoratori. A soli 3 mesi dalla riassunzione però Vodafone licenziò solo gli 85 lavoratori reintegrati, letteralmente selezionati uno ad uno tra 470 dipendenti di Roma. Dopo due anni senza salario quei lavoratori ottennero in tribunale il riconoscimento della discriminazione operata ai loro danni e Vodafone venne condannata per comportamento discriminatorio e ritorsivo, anche in Cassazione”. La denuncia arriva dalle rappresentanze sindacali di base.
Oggi con diverse vittorie in appello ed in Cassazione conseguite nelle diverse sedi , la multinazionale si prepara a rendere la vita difficile nuovamente ai lavoratori che hanno diritto di essere reintegrati.
Ad Ivrea i 19 vincitori di causa dopo aver lavorato su un servizio non più svolto da Vodafone si sono visti recapitare in data 29 maggio un ordine di trasferimento a Milano non essendo più disponibile in sede un lavoro adeguato alla loro qualifica ( specialisti di back office) .
Gli stessi andranno con altri 12 colleghi che hanno vinto la causa su Milano a far parte di un gruppo di lavoro creato ad hoc dove convergeranno anche altri 10 lavoratori che non possono svolgere mansioni telefoniche.
L’azienda ha dichiarato che in questo gruppo di lavoro verranno fatti affluire, nel prossimo futuro, lavoratori reintegrati e lavoratori non idonei alla risposta appartenenti a tutte le sedi del centro nord (Bologna, Padova). E’ stato annunciato che verrà creato analogo polo al centro sud, verso il quale verranno fatti trasferire lavoratori con identiche caratteristiche.
Sul sito di Pozzuoli attualmente ci sono 15 lavoratori in attesa di rientro in quanto l’azienda sta verificando “l’esistenza di posizioni professionali coerenti con la loro preparazione” anche loro destinati ad essere oggetto di un trattamento differente.
Eppure Vodafone Italia S.p.a. è un’azienda che utilizza parecchie risorse per promuovere iniziative pubbliche e interne all’azienda a favore delle pari opportunità e contro ogni tipo di discriminazione e per dotarsi di un’autoregolamentazione etica.
Sul sito della società si può leggere
“La parità di trattamento delle persone di Vodafone Italia si concretizza nel garantire, a partire dalla fase di selezione e in tutte le attività svolte, la non discriminazione per motivi di razza, sesso, nazionalità, orientamento sessuale, status sociale, apparenza fisica, religione e orientamento politico”.
In tutte le sue sedi Vodafone ha gruppi di lavoro nei quali non solo i responsabili ma gli stessi colleghi vivono e lavorano in nazioni diverse tra loro, incentiva il ricorso allo smart working, che è lo svolgimento del proprio lavoro al di fuori dell’ufficio e senza orari imposti, così da migliorare il bilanciamento tra lavoro e vita personale.
Ma questo evidentemente non riguarda i 914 lavoratori estromessi dieci anni fa e destinati a rimanere marchiati a vita nonostante le vittorie conseguite in sede giudiziaria.
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