
La pizza napoletana, o meglio, l’arte di “metter le mani in pasta” è patrimonio dell’Umanità. La decisione tanto attesa, a sostegno della quale sono stati raccolti due milioni di firme, è arrivata nella notte. L’annuncio, via Twitter, l’ha dato il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina: «L’arte del pizzaiuolo napoletano è patrimonio culturale dell’Umanità Unesco. Vittoria! Identità enogastronomica italiana sempre più tutelata nel mondo». E non è stato facile. Il voto unanime del Comitato di governo dell’Unesco riunito a Jeju, in Corea del Sud, è arrivato dopo otto anni di negoziati internazionali. Il dossier è stato aperto nel 2009. La pizza era l’unica candidatura italiana.
È stato riconosciuto dunque che la creatività alimentare della comunità napoletana è unica al mondo. Per l’Unesco, si legge nella decisione finale, «il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da «palcoscenico» durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare “pizzaiuolo” rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale».
Anche l’ex premier Matteo Renzi ha commentato con orgoglio il traguardo, sul suo profilo Facebook: «l’arte del pizzaiolo napoletano riconosciuta come patrimonio Unesco è un simbolo bellissimo di quello che l’Italia è stata. Ma è simbolo anche di ciò che dovremo essere. La cura per la tradizione, la passione per il cibo, la capacità di farsi rappresentare all’estero dai nostri prodotti sono elementi essenziali del nostro futuro». Per uno dei tanti “pizzaiuoli” in festa per la decisione Unesco questo risultato «potrebbe essere la possibilità per far capire agli stranieri come la pizza è fatta: senza nutella o ananas», ha dichiarato al New York Times.