
Foto Claudio Furlan - LaPresse 26 Febbraio 2020 Milano (Italia) News Milano durante l emergenza coronavirus Nella foto: turisti in Montenapoleone
Da settimane non si fa’ che parlare di altro; le testate giornalistiche non lasciano spazio ad indugi, ed i titoli che imperanti dominano le prime pagine dei notiziari recano soltanto un acronimo: COVID19, meglio noto come Coronavirus. Autoritario, paralizzante, a tratti ellittico, il termine con cui i canali mediatici e gli organi di informazione di massa propinano quotidianamente aggiornamenti sul numero di persone contagiate e (nei casi più nefasti) decedute, oltre a svariati vademecum da adottare per prevenire la diffusione del contagio. Personalità di spicco del Governo si riuniscono a tavolino per suggerire provvedimenti e misure di sicurezza da adottare, benché amaramente violate, mentre i presidi ospedalieri di tutta Italia dispongono al meglio strutture di accoglienza per fronteggiare gli effetti della pandemia.
Il Bel paese si è di getto tramutato in un luogo ostile, molti viaggi seppur programmati sono stati rinviati (a volte anche senza ottenere il rimborso da parte dei passeggeri), le piazze di molte città quali Milano e Venezia, di solito gremite di persone, sono state risucchiate dal vortice della solitudine e della paura. Paura. Un’emozione primaria di difesa, ma cosa rappresenta davvero, e soprattutto da cosa scaturisce il panico? E quali possono essere le rispettive conseguenze? Innumerevoli sono stati gli studi condotti a riguardo, sin dagli albori della nascita della psicologia: in primo luogo è importante sottolineare quanto la paura sia uno stato d’animo indispensabile alla sopravvivenza; chi non ha mai provato la paura non è mai stato capace di trarsi in salvo da eventuali pericoli. Trattasi dunque di una condizione necessaria per gli esseri umani e per il loro adattamento all’ambiente circostante.
D’altro canto, se la paura del contagio dovrebbe indurre a rispettare pedissequamente il decalogo degli esperti e dei virologi più illustri al fine di preservare la propria incolumità e quella altrui, la situazione può sfuggire di mano nel momento in cui la negligenza congiunta al menefreghismo porta a ridurre il raggio di azione dei rischi fino ad annientarli totalmente. Si è più influenzabili che influenzati, ed il male peggiore è proprio l’inconsapevolezza: un contagio più “virale” (per utilizzare un gioco di parole) che fisico, un’indifferenza collettiva dinanzi a ripetute esortazioni alla prudenza che anziché sollecitare le coscienze si limitano a solleticarle; il clamore viene additato come fastidioso allarmismo, si parla di esagerazione ridicola ed immotivata, si presta poca attenzione alla rapidità con cui la patologia si sta diffondendo a macchia di leopardo nel territorio, oltre che a livello globale.
Lo scenario che si profila non è di certo rassicurante, e da ciò bisognerebbe trarre spunto e riflessione: farsi contagiare dalla competenza, dalla cultura, dal senso civico, dal rispetto per il prossimo e dall’empatia. Stravolgere il quotidiano per cedere il posto a sacrifici, bandire il lassismo, le consuetudini; sottoporsi a delle vere e proprie privazioni. Pesanti, forse anche annullanti. Soltanto in tal modo si arriverà alla libertà. Soltanto in questa misura sarà possibile guarire dal virus più infimo e pericoloso al mondo: l‘ignoranza.