
Peppe Servillo Toni Servillo
I fratelli Servillo,Toni e Peppe, celebrano Napoli, accompagnati dal quartetto d’archi “Solis String Quartet” (al violino Vincenzo Di Donna e Luigi De Maio, alla viola Gerardo Morrone e al violoncello Antonio Di Francia), al Teatro Bellini di Napoli. Trattasi di un recital-concerto che, in una perfetta simbiosi di canzoni e poesie, guarda all’eterna magia della città partenopea e della sua tradizione vivente, dando particolare importanza all’incontro ed alla più ampia condivisione delle epoche e delle culture. In “La parola canta”, i fratelli Servillo rileggono ed interpretano la tradizione napoletana, da Eduardo De Filippo (1900 – 1984) a Raffaele Viviani (1888 – 1950), da E. A. Mario (1884 – 1961) a Libero Bovio (1883 – 1942), fino a voci contemporanee come quelle di Enzo Moscato (1948) e Mimmo Borrelli (1979). Alla prima del 5 gennaio 2016, in un Teatro Bellini gremito, ad aprire la scena è Toni Servillo, sillabando “Napule” («Napule ci sta ‘o sole, Napule ci sta ‘a luna, Napule c’a pummarola,Napoli ‘mpise a fune. Napoli cacata, Napoli chiavata, Napoli sfriggiate, Napule alliccata, Napule priezza, Napule allerezza, Napule munnezza/,Napule a piezz»), testo di Mimmo Borrelli, ed attraverso una gradevole alternanza,gli artisti rileggono una città passata ed una contemporanea sempre caratterizzata da contraddizioni secolari. Tra ‘O guappo ‘nnammurato e Guapparia, cantate da Peppe Servillo, Toni Servillo recita invece la bella poesia di Enzo Moscato, Litoranea. Tra i punti più alti dello spettacolo, in una perfetta combinazione di tragico e comico, vi è la recitazione di Toni Servillo del poema Vincenzo De Pretore,scritto da Eduardo De Filippo,in cui si narra la storia dell’ anima di un ladro, De Pretore Vincenzo,figlio di padre ignoto, ucciso successivamente ad una tentata rapina. Il De Pretore si presenta alle porte del paradiso chiedendo di San Giuseppe,a cui è stato devoto tutta la vita, cercando una collocazione fra i beati. Ottiene quest’ultima soltanto attraverso l’utilizzo di una dialettica che mette in luce l’astuzia di un napoletano anche nei confronti di Dio. Particolarmente interessante, oltre che entusiasmante, è la prestazione dei musicisti che, alternando diverse tonalità ed andamenti ritmici, ci descrivono una Napoli viva, comunicativa e sempre identitaria. Dopo Està – Nun voglio fa’ niente, cantata da Peppe Servillo e ‘A casciaforte, cantata da Toni Servillo, i due fratelli cantano insieme Dove sta Zazà. Cose sta lengua sperduta è la poesia di Michele Sovente, scritta sia in napoletano che in italiano, che “dà senso a questa breve serata passata insieme”, dice Toni Servillo, mentre Te voglio bene assaje, cantata da entrambi i fratelli ed accompagnati dai Solis String Quartet, conclude una fantastica serata che riporta i Servillo nella loro terra. Applausi, solo applausi in una serata difficilmente da dimenticare.