
Qualche giorno prima di ferragosto e prima della chiusura del Parlamento, il governo ha fatto approvare, un po’ di soppiatto e con ricorso alla fiducia, il cosiddetto “decreto enti locali”, che ottenendo i voti del senato è diventato legge dello Stato. Mentre i talk si occupavano solo di diritti civili e di liberalizzazione di droghe leggere, temi dati in pasto da esponenti del governo e molto utili per coprire la noia televisiva estiva, lo stesso governo faceva la sua notevole manovra finanziaria estiva, acquattando nella riforma degli enti locali gli articoli di legge necessari per scaricare sui cittadini altri costi sanitari e negare alcune prestazioni. Si blatera al mattino di riconoscimento di diritti civili e già durante il blaterare accalorato si tolgono ai cristiani altri diritti, forse più “civili” di quegli altri e sicuramente più “diffusi”. Ormai la tattica è conosciuta, ma sempre valida. Alcuni parlamentari, solitamente di centro-sinistra e pure ferrati in materia, vanno in tv a parlare di nuovi diritti e di droghe leggere, accettando lo scontro coll’immancabile onorevole Giovanardi Carlo da Modena (che a furia di parlare delle stesse cose è finalmente diventato capace di difendere le sue posizioni), mentre in Parlamento quegli stessi onorevoli, insieme a molti altri compari onorevoli, cancellano senza parlarne altri pesanti diritti, sfruttando l’opera di distrazione televisiva nonché l’agostano deboscio popolare. Alla fine del gioco la legge “toglidiritti” è bell’e approvata, mentre i diritti civili e le droghe leggere restano ciò che in Italia sono da tanti anni, chiacchiere i primi e reati le seconde. A questo punto, e dopo tante (ri)prove di tattica governativa reiterata, possiamo dire di avere imparato che quando in tv si parla a tutte le ore di coppie gay e di riconoscimento di famiglie gay (famiglie omogenitoriali si dice adesso), in realtà c’è qualcosa d’altro che bolle in pentola, e che è già vicino alla cottura.
Un altro taglio alla sanità, un deciso taglio alla sanità contiene, fra le altre cose, il decreto in questione, il Dl 78/2015. Un decreto dai contenuti molto vari, anche troppo vari, che secondo alcuni esperti sarebbe la toppa necessaria per rimediare alla raffazzonata riforma delle Province e ai successivi rilievi della Corte dei Conti, che più volte ha paventato il rischio di dissesto finanziario delle Province in assenza di leggi regionali di riordino delle funzioni provinciali fondamentali. Insomma le Regioni non vogliono tirar fuori i soldi per attuare la riforma delle Province e allora la nuova legge le obbliga a fare il grande passo fissando un termine perentorio entro il quale provvedere, pena sanzioni e risarcimenti (regionali) alle Province e alle Città Metropolitane.
Tornando al sanitario, 2,3 miliardi di euro di “risparmio” vengono ricavati dalla revisione del patto triennale per la salute 2014-2016. Obbligo per le Regioni di rinegoziare i contratti per le forniture sanitarie con possibilità di recedere da contratti già stipulati in caso di mancato nuovo accordo con i fornitori; aziende fornitrici chiamate ad accollarsi parte dell’eventuale sforamento del tetto annuale di spesa sanitaria regionale. Senonché, oltre alle non disprezzabili misure citate, la legge prevede anche tagli consistenti ad alcune prestazioni. L’obiettivo di questa parte della legge, stando alle parole della ministra sanitaria Lorenzin, è quello di abbattere i costi per alcuni esami clinici giudicati superflui vietandone la prescrizione. In omaggio a tale obiettivo, la legge prevede sanzioni economiche per i medici che dovessero adottare “un comportamento prescrittivo non conforme alle condizioni e alle indicazioni”, cioè che dovessero prescrivere esami giudicati superflui e inutili. Queste “inutili” prestazioni sanitarie non sono tre o quattro, sono centottanta, e saranno precisate in un prossimo decreto in via di preparazione. Ad ogni modo la mannaia dei tagli lineari si abbatterà su analisi e test diagnostici, in particolare analisi cliniche, esami radiologici, TAC e risonanze magnetiche nucleari. Tutti esami di cui, notoriamente, gli italiani abusano, e che gli italiani dovranno abituarsi a pagare interamente di tasca loro se vorranno continuare ad abusarne…Alcune di queste prestazioni possono arrivare a costare 400-500 euro, e allora la faccenda sembra prendere un’altra piega e un altro obiettivo, che insieme disegnano l’ennesimo gran passo verso la privatizzazione del settore, creando le condizioni per la formazione di un altro mercato della salute, alla salute degli erogatori privati e con tanti saluti ai cittadini meno abbienti e più poveracci. La ministra Lorenzin Beatrice, pasionaria berlusconiana al momento opportuno quagliata nel nuovo centrodestrismo di Alfano, proveniente addirittura dal governo del povero Letta, dopo un inizio vagamente promettente al ministero della salute sembra ormai diventata una mera esecutrice degli ordini delle Finanze, e se questo può contribuire a rinsaldarne la carica all’interno del governo sicuramente non l’aiuterà a fare della sanità un servizio migliore e più allargato possibile. Ma i politici d’oggi, anche se donne, preferiscono la poltrona alla gloria.