[dropcap]L[/dropcap]’arrivo dell’estate coincide con l’inizio degli aperitivi all’aperto con amici, compagni di studio. Proprio durante una di quelle chiacchierate fatte al bar ho notato qualcosa che mi ha colpito in maniera particolare. Quello che ho osservato sono stati gli sguardi delle persone sedute intorno a me: questi non erano rivolti verso le facce degli amici con cui parlavano, per il semplice fatto che molte di quelle persone non parlavano. I loro sguardi erano posati sugli schermi dei loro cellulari.
Mi ha fatto enorme tristezza e rabbia constatare come il contatto umano reale abbia perso importanza nei confronti di quelle persone in “2D” su un pc, un tablet, un cellulare, uno smartphone, che magari si trovano anch’esse al bar per non-condividere un momento tra amici, un momento vero. Una conversazione spesso cade nel vuoto perché uno (o più) degli interlocutori si perde in conversazioni “intrattenute” con altri. Si arriva al punto che si teme che quel cellulare vibri (non si usa più la suoneria, potrebbe dare fastidio) e ci si ritrovi messi in secondo piano rispetto a qualcuno che non è presente nemmeno in quel luogo.
La situazione è degenerata da quando l’avanzamento tecnologico ha permesso una diffusione più ampia di strumenti con connessione internet che danno accesso a innumerevoli servizi e mezzi di comunicazione istantanea. Il paradosso è evidente: ciò che era nato per unire, ora divide.
L’osservazione che mi è capitato di fare purtroppo non è stata un caso isolato, bensì questo comportamento sta ormai diventando un’abitudine all’interno del mondo giovanile. Forse la causa della diffusione del fenomeno è da ricercarci nella difficoltà di intraprendere relazioni umane, nella difficoltà, se così la possiamo definire, della costruzione di un dialogo efficace.
Il mio discorso però non vuole unirsi all’ormai classico filone della demonizzazione dei mezzi di comunicazione moderni, piuttosto vuole essere il punto di partenza per una riflessione. Credo stia a noi cambiare l’attuale situazione, siamo o no più intelligenti di uno smartphone?
Branimir Scognamiglio