L’assenza di sipario svela subito una scena alla David Hockney, precursore della Pop art dal carattere espressionista che gioca spesso con tinte pastello e forme stilizzate. Così un tenue verde invade di luce anche la platea, facendoci entrare immediatamente in una dimensione surreale.
La voce di Eduardo
La profonda voce di Eduardo ci introduce allo spettacolo, raccontando retroscena e delusioni di una commedia che non è stata subito capita né apprezzata, così distante dal repertorio al quale aveva abituato il pubblico fino a quel 1948. Ma l’autore, mentre diviene pian piano solo eco lontana, svela anche l’intima esigenza di dare una virata al suo percorso drammaturgico, per lui necessaria e imprescindibile. De Filippo avverte certamente il bisogno prepotente di avvicinarsi al genere di teatro, profondo e innovativo, che ha messo in crisi i punti cardinali del suo scrivere, quello di Luigi Pirandello.
La storia
La pièce narra l’incontro-scontro tra realtà e finzione, una dualità propria del teatro stesso, attraverso la storia del benestante e possessivo Calogero Di Spelta, ossessionato dalla gelosia per la moglie, e di Otto Marvuglia, illusionista, manipolatore e cialtrone, che, grazie alla complicità di due amici, riesce sistematicamente ad ingannare il suo pubblico. Durante lo spettacolo in un hotel, Marvuglia fa scomparire con un ‘esperimento’ la signora Di Spelta, in realtà la donna scappa col suo amante, che ha ben ricompensato l’incantatore truffaldino.
Quando il marito chiede di poter riavere la sua signora, il mago gli consegna una scatola: “Vostra moglie è in questa scatola. Aprite… Ascoltate: se non avete fede, non la vedrete. Siamo intesi?… Se non siete convinto, non aprite.”… Inizia così un gioco inquietante di rimbalzi tra realtà e finzione, che permetterà al lestofante di sfruttare i dubbi del coniuge tradito, via via sempre più prigioniero di una spirale ossessiva e claustrofobica che lo condurrà alla follia.
La regia
La magia del teatro eduardiano, anche in un testo che tanto si discosta dal suo repertorio, vive di intensità e silenzi, sguardi e gestualità, che ritroviamo nella regia di Gabriele Russo, singolare dal punto di vista stilistico-formale. La messinscena sembra muoversi tra il minimalismo surrealista, vedi le atmosfere della società borghese che sembrano riecheggiare il già citato Hockney, e le stilizzazioni formali alla Jacques Tati, che tanto affidano alla gestualità e agli estetismi. In questo abile gioco di richiami, Russo innesta la sua personale indole registica, esasperando, forse in qualche passo in maniera eccessiva, azioni e battute, dilatandole e lasciando che via via facciano scivolare il povero Di Spelta in quella spirale di inquietudine, a tratti quasi da incubo, che lo avvolge, lo travolge e infine lo divora.
L’ambientazione
L’essenziale complessità della scena, firmata da quel riconosciuto genio che è Roberto Crea, aiuta attori e pubblico ad entrare in una dimensione ‘altra’, nella quale vero e falso confondono e si confondono. Quasi immateriale, impalpabile, l’albergo o il luogo di follia del povero Di Spelta, casa sua; più realistica la corrotta intimità familiare di Marvuglia. A far da collante, in un tutt’uno armonico, le luci di Pasquale Mari, evocative quanto le musiche e i suoni di Antonio Della Ragione, che riescono a scandire con sapiente intuizione i diversi momenti della vicenda. Ed in questa dimensione surreale e a tratti onirica, ben si armonizzano i bei costumi di Giuseppe Vallone, che richiamano le tinte della scena o risaltano per contrappunto.
In una regia così ricercata ed emozionale, non ci è sembrata discordante l’assenza di oggetti di scena: niente sedie sulle quali si accomodano gli ospiti dell’hotel per assistere alla performance di magia, immateriali i fiori che l’illusionista offre alle signore, come il caffè per i signori, o il sarcofago nel quale viene fatta accomodare la moglie fedifraga per farla poi sparire… Ma qui già ci chiediamo perché sostituirlo con uno sgabello? Perché non utilizzare un qualunque espediente teatrale che possa rendere l’impalpabilità della finzione?
Allo stesso modo, e per lo stesso motivo, ci domandiamo perché alle spalle di Marvuglia venga posizionata una sorta di scultura irregolare e disordinata, un ammasso di ciarpame così concreto e tangibile da stonare con la cifra stilistica che la regia sembra suggerire. Lo spettacolo riesce tuttavia a mantenere alta l’attenzione del pubblico, nonostante la scelta di presentarlo in un lungo atto unico, invece dei tre atti eduardiani.
Gli interpreti
In scena una compagnia davvero eccezionale, con in testa due giocolieri della parola, due signori della scena come Natalino Balasso e Michele Di Mauro. Il primo disegna con recitazione misurata l’ossessione del controllo, la gelosia e infine la follia di Calogero Di Spelta. Il secondo dà ad Otto Marvuglia una nutrita varietà di toni e atteggiamenti, facendolo passare ora da impeccabile professionista delle scene, ora da becero mistificatore-opportunista.
Gli ottimi interpreti disegnano personaggi sfaccettati, che smarriscono spesso il senso della sottile linea tra reale e surreale, svelando la modernità della pièce eduardiana: non viviamo forse, oggi, in un mondo in cui la finzione si sostituisce alla realtà?!
Ognuno degli attori, tutti più o meno noti, rigorosi e di talento, diviene abile protagonista del proprio momento (o dei propri momenti, visto che alcuni di essi ricoprono doppi ruoli), pur mostrando di sentirsi parte di un tutto, come tessera di un puzzle, ognuna fondamentale, ognuna che si incastra perfettamente alle altre, ognuna armonicamente intonata alla linea registica. Bravi, bravissimi quindi Veronica D’Elia, Gennaro Di Biase, Christian di Domenico, Maria Laila Fernandez, Alessio Piazza, Manuel Severino, Sabrina Scuccimarra, Alice Spisa e Anna Rita Vitolo.
Pur se in alcuni tratti risulta meno coerente ed incisivo, non possiamo che consigliare lo spettacolo, accolto da scroscianti e meritati applausi del pubblico, che premia l’estro col quale l’intero cast, artistico e tecnico, riesce a dar vita ad una nuova, grande magia. Si replica fino al 2 novembre.