[dropcap]E[/dropcap]ra il 1996 quando a Nuxis, Sardegna, un automobilista trovò il corpicino senza vita di un neonato sotto un cavalcavia. Il piccolino, come emerso dall’udienza di oggi, sarebbe stato ucciso con ben sette metri di carta igienica conficcati nella gola ed estratti dopo il suo ritrovamento, più del cotone nelle narici per impedirgli di respirare ed in seguito gettato dal cavalcavia. E’ quanto emerso oggi dalla deposizione in Corte d’Assise di due testimoni, un Carabiniere ed un medico, i primi ad aver visto il corpicino dopo la scoperta. All’epoca dei fatti partirono subito le indagini, ma i genitori del neonato rimasero senza nome per anni fino al 2011 quando, guidati dalla rivelazione shock “in ritardo” di un parente, i Carabinieri, riuscirono ad identificarli: il bimbo era frutto dell’incestuosa relazione della madre con il padre-nonno, pensionato di 71 anni difeso dall’avvocato Gianluca Aste, il quale al momento dell’arresto negò ogni sua responsabilità in merito, nonostante le conferme del test genetico.[divider] La donna, dal canto suo, raccontò di aver partorito da sola nel bagno di un ospedale dove assisteva la madre ammalata, e di aver consegnato il neonato vivo al padre (nonno) senza conoscere le reali intenzioni dell’uomo. Nel novembre scorso l’uomo, Stefano Casula, accusato di infanticidio fu condannato a venti anni di reclusione dinnanzi al Gup. E stamane nel processo a porte chiuse tenutosi a Cagliari, e dal quale sono emersi gli agghiaccianti particolari, è stata la volta della madre-sorella, accusata di concorso in omicidio volontario. L’udienza è stata aggiornata a mercoledì 20 marzo 2013, ma la sete di giustizia e il disgusto verso queste “persone” fa sperare in una condanna esemplare.
Bruna Di Matteo