
Se Pithekoussai (Ischia) è attestata nell’VIII Sec. a.C. quale primo insediamento greco (Lakkos = pietra, l’attuale Lacco Ameno) ad opera degli Eubei comandati da Ippocle e Megastene e provenienti dalle póleis di Caldicia e di Eretria (nella Grecia Centrale, ad est dell’Attica) e se Kyme (Cuma) fu fondata una settantina d’anni dopo dagli stessi colonizzatori di Ischia e Procida (Pròkeitai = sparso), Caprei (Καπρέαι in greco ma probabilmente dall’osco Caprea e poi al latino Capreae) fu colonizzata da un popolo meno conosciuto che abitò la regione dell’Acarnania prima dell’espansione ellenica: i Teleboi.
L’Acarnania antica è un territorio della Grecia occidentale, posta tra l’Epiro ed il Peloponneso ed affaccia sul mar Ionio, difronte alle isole di Leucade, Itaca e Cefalonia. Oggi forma un’unica provincia amministrativa insieme all’Etolia.
Il popolo dell’Acarnania, i Teleboi, a causa dell’espansionismo prima dei Corinzi (che fondarono in quella regione le póleis di Sollion, Tirreio, Palero, Alizia, Anattorio, Astaco, ecc..) e successivamente degli Ateniesi (dopo la guerra del Peloponneso) furono costretti a spostarsi man mano verso le isole dello Ionio. Molti di loro cominciarono a praticare la pirateria, altri intrapresero la navigazione verso nuove terre dove poter vivere senza subire la pressione dell’espansionismo ellenico.
I primi coloni che giunsero sull’isola di Capri (l’isola già era stata abitata nell’epoca preistorica), furono dunque i Teleboi comandati da Telone, che ne divenne anche il re. La leggenda narra che dal matrimonio tra Telone e la ninfa Sebeti (o Sebetide), figlia del fiume Sebeto, nacque Ebalo, che da sovrano di Caprei, estese il dominio verso la piana del fiume Sarno (combattendo i Sarrastri). Pare che l’etimologia del nome della città di Eboli possa venir proprio dal nome del “re caprese” che, tra le altre cose è annoverato da Virgilio nell’Eneide, quale nemico di Enea.
I Teleboi di Caprei, praticavano il culto delle “Sirene” (per questo Capri è detta “l’isola delle sirene”), a differenza dei Cumani che praticavano il culto di Hera e successivamente praticheranno quello di Apollo (culto che fu adottato anche da Neapolis).
Molti storici fanno riferimento all’isola di Capri in diversi poemi dell’antichità. L’Odissea di Omero per esempio, narra del passaggio di Ulisse presso le coste capresi e del richiamo delle sirene (altri invece sostengono che si tratti delle vicine isole Li Galli). Pare che di Capri ne parli anche il poeta greco Apollonio Rodio nel suo poema epico “Le Argonautiche” (il viaggio di Giasone e degli argonauti alla conquista del vello d’oro per poter curare ogni ferita).
Nel I Sec. a.C., ne parla sicuramente Strabone (geografo e filosofo greco) descrivendo i primi insediamenti presso l’approdo maggiore (l’attuale Marina Grande), il villaggio (l’attuale centro di Capri), il villaggio posto in alto (l’attuale Anacapri) e l’approdo minore (Marina Piccola). La descrizione di Strabone evidenzia l’unicità concettuale di edificazione rispetto all’urbanizzazione delle isole greche dello Ionio che prevedevano un solo approdo ed una sola polis sul punto più alto dell’isola.
In epoca romana infine, troviamo numerose testimonianze nelle cronache e nei classici dei poeti latini. Famosi i soggiorni e gli ozi di Augusto, di Tiberio e dell’aristocrazia romana, ma questa è un’altra storia.
Una tangibile testimonianza della presenza greca sull’isola è la caratteristica Scala Fenicia (costruita dai colonizzatori tra il VII e VI Sec. a.C.) che da Marina Grande e per circa mille scalini, sale su sino ad Anacapri. Questa scala, il cui nome è dovuto ad una errata attribuzione storica, ancora oggi è percorribile e rappresenta uno degli itinerari naturalistici più suggestivi di tutto il Golfo di Napoli.
