[dropcap]T[/dropcap]orturate, malnutrite, costrette a turni di lavoro massacranti, private di qualsiasi diritto e dignità. Questo il drammatico ritratto delle prigioniere dei campi di lavoro, i famigerati ‘Laojiao’, nella provincia settentrionale cinese del Liaoning, reso noto dal reportage di ‘Lens’, una rivista cinese, basato sui racconti di attivisti, ex funzionari dei campi ed ex prigionieri. Si parla in particolare del campo femminile di Masanjia, vicino Shenyang, che alberga la maggior parte delle prigioniere del Liaoning e che è solo uno degli oltre 300 campi di lavoro cinesi dove la Polizia può rinchiudere anche senza un legittimo processo le persone per un periodo che può durare fino a 4 anni. Dagli agghiaccianti raccolti della “Lens” è emerso un quadro di orrore, dove le recluse venivano torturate con scariche elettriche che in alcuni casi portano al danneggiamento dei nervi ed a danni permanenti. [divider]La legge sui campi di lavoro prevede che le scariche elettriche possano essere utilizzate dagli agenti sui prigionieri solo in caso di rivolta o grave insubordinazione. Ma troppo spesso non è così: l’utilizzo di questo tipo di tortura è infatti piuttosto comune e frequente in questi paesi. Altre prigioniere hanno invece raccontato di essere state ammanettate, anche per più di una settimana, a barre di ferro o cancelli. Alcune hanno dichiarato addirittura di essere state ammanettate con entrambe le mani sopra la testa senza essere in grado di toccare il suolo con i piedi. Per non parlare dei logoranti turni di lavoro, anche di 12-14 ore senza interruzione (a fronte delle sei ore previste dalla legge) e soprattutto senza essere mai stipendiate. Peng Daiming, ex amministratore del campo, ha rivelato che c’erano oltre 5.000 prigionieri, e che grazie al loro lavoro si otteneva un reddito di oltre 100 milioni di yuan all’anno (oltre 10 milioni di euro). Non solo i reclusi non vengono retribuiti ma vengono anche malnutriti e non curati se malati. Alcune ex “detenute” hanno riferito che il pasto giornaliero consisteva solo in una manciata di riso, spesso neanche ben cotto, e qualche verdura. Una piccola porzione di carne veniva loro data solo alla domenica.[divider] Sembra la storia raccontata da uno dei sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti ed invece tutta questa follia è recente. Il documento è effettivamente un raro e reale sguardo all’interno di quello che accade in un campo di lavoro cinese e che nessuno ha mai avuto il coraggio di raccontare. Basti pensare che il reportage è stato abilmente cancellato da tutti i portali di news del web cinese, solo poche ore dopo che era stato pubblicato e diffuso. Negli ultimi mesi, con il cambio della guardia ai vertici del partito e dello Stato, si è discusso a lungo della possibile chiusura dei ‘gulag’ cinesi. Di recente è stato proprio il neo premier Li Keqiang, nella sua prima conferenza stampa da capo del governo cinese, a confermare esplicitamente che Pechino ”sta lavorando” in questo senso e che i ‘laojiao’ potrebbero essere aboliti entro la fine dell’anno, consegnando i loro orrori alla storia. Si spera vivamente, che la rimozione di questi “campi di concentramento” moderni avvenga molto prima.
Bruna Di Matteo