Nella testa girano pensieri che io non spengo
Non è uno schermo
Non interagiscono se li tocchi
Nella tasca un apparecchio
Specchio di quest’inferno
“Argentovivo” aveva anticipato il giudizio dell’OMS sul Gaming Disorder.
Nell’era dell’ iperconnessione, infatti, sono soprattutto i videogame a rapire l’attenzione dei più giovani e a intercettarne i disagi latenti, rischiando di trasformarsi essi stessi in un’ulteriore patologia. Solo in Italia, stando a una ricerca Aesvi-Gfk, ci sono 29,3 milioni di videogiocatori. E secondo alcune stime, ben 270mila ragazzi, quasi tutti maschi, tra i 12 ed i 16 anni, sarebbero a rischio per Gaming Disorder.
Ecco perché nel nuovo elenco di malattie e sindromi, in vigore dal 1 gennaio 2022, comparirà per la prima volta, tra le oltre 55mila patologie per le quali vengono stilati codici e diagnosi uniformi, il Gaming Disorder.
.La definizione ufficiale è:
«Una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia online che offline, manifestati da un mancato controllo sul gioco; una sempre maggiore priorità data al gioco, al punto che questo diventa più importante delle attività quotidiane e sugli interessi della vita; una continua escalation del gaming nonostante conseguenze negative personali, familiari, sociali, educazionali, occupazionali o in altre aree importanti».
Già nel 2009 a Roma è stato inaugurato il primo ambulatorio italiano per la Dipendenza da Internet, trasformato nel 2016 nel Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicologia del Web, sempre presso il Policlinico Agostino Gemelli. In dieci anni di attività ha già dato assistenza a oltre duemila nuclei familiari. Secondo il fondatore del Centro, Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta , le fasi di abuso e le dipendenze patologiche, di qualunque tipo, nascondono sempre un’angoscia più profonda, si tratta quindi di sovrastrutture che si vanno a sommare a disagi già esistenti. Il gioco, in questo senso, può essere un detonatore o un amplificatore.
Quindi non è affatto automatico che un videogame sparatutto ad alto contenuto di aggressività, che ipnotizza il ragazzino giorno e notte, sia la causa stessa della patologia. Anzi. «Sono il ritirarsi dalla vita sociale, il rifugiarsi nel mondo digitale, a nascondere il vero dolore mentale – continua Tonioni – ed è questo dolore che va ascoltato.
Per essere considerato patologico, il comportamento deve essere reiterato per un anno, anche se la durata può essere minore se tutti i requisiti diagnostici sono rispettati e i sintomi sono gravi.
Ho sedici anni e vivo in un
carcere
Se c’è un reato commesso là
Fuori
È stato quello di nascere