
Forum delle culture
8 dicembre 2014
Complesso Monumentale di San Domenico
Sala del Capitolo
All’insegna delle emozioni, lo spettacolo ideato da Rosaria De Cicco per il Forum Universale delle Culture come un dono a un amico di vecchia data che sta per approdare con i suoi personaggi, turbati e appassionati, anche alla televisione.
Raccontami. In fondo al mio cuore. Per mano tua – tenutosi nella suggestiva Sala del Capitolo del Complesso Monumentale di San Domenico la sera dell’8 dicembre è stato un denso racconto, attraverso le pagine di Maurizio De Giovanni, della vita di Napoli e dei suoi personaggi, comuni e al contempo esemplari, imbrigliati nelle maglie di una vita che troppo spazio dà alle sopraffazioni e poco alle storie di cuore, se non solo dopo che i misfatti sono avvenuti.
Ma questa è una storia sotterranea, che Maurizio De Giovanni ci disvela ascoltando per primo le “voci” di questa città contraddittoria, in cui ci si fa del male senza volerlo e riportandole nello scorrere delle sue intense e solidali parole, che dicono di una Napoli che, dalle colline di Sant’Elmo e dei Camaldoli, deve essere percorsa dirigendosi verso il basso, verso il mare che fa tutt’uno con la terra.
Un unico animato colloquio con il pubblico e con Maurizio De Giovanni, con gli attori Rosaria De Cicco, istrionica e veemente interprete e con Mario Porfito, dotato di raffinata naturalezza nei toni drammatici e ironici, e con la intensa musica del cantautore Lino Blandizzi, e le diverse autorità presenti, tra cui il sindaco Luigi De Magistris e l’assessore alla cultura, Nino Daniele che ha accolto il numeroso e partecipe pubblico con il brano Terra mia di Pino Daniele, introducendo tutti a quell’atmosfera di dolente nostalgia commista a disperato amore che è il dramma dell’esistenza di chi vive intensamente questa città.
Ripercorrendo musicalmente le visioni sonore emerse dai conterranei nostri e di Maurizio De Giovanni – e che a ben pensarci, potrebbero essere ognuno di noi – attraverso le voci dei due incisivi attori, che hanno incarnato di volta in volta i personaggi, Blandizzi ha evocato, con la melodia delle note e la voce caparbia e sincera, le atmosfere, i paesaggi del cuore e dell’anima che hanno ispirato il nostro Autore lungo le strade di una Napoli “sotterranea” solo per chi non “vuole vedere”.
È, infatti, la musica che ha accompagnato Maurizio De Giovanni nei suoi viaggi minimi e attenti alle voci di Napoli; e ancora, è la musica che perpetua la sua magia di levitare tra gli esseri umani e rendersi vibrazione costante, sinergia di intenti, espressione amorevole di dolore e bellezza.
Così, in una sorta di indagine sui motivi delle “insanità” di questa città, metafora di quelle del mondo, si scorre, si penetra nelle sofferenze di cui non si comprende la causa, un motivo “umanamente” plausibile, come le morti “fisiche”, – di bambini dovute a malattie incurabili o al terremoto del 23 novembre 1980, – “rese presenti” con il brano musicale, scelto come gli altri, da Maurizio De Giovanni, Ma quanto tiempo ce vo, o l’inaudita e efferata violenza verso le donne, che provoca soprattutto morti “morali”, – per uno strano senso dei ruoli, ben individuato dall’Autore nelle motivazioni ragionate di entrambe le parti, – cui Blandizzi corrisponde con la canzone Vieni donna del sud da lui scritta proprio per sensibilizzare il più possibile nei confronti di atti criminali come questo; e, anche e ancora, si indaga la toccante bellezza della città, – che deve essere «respirata in discesa» e «passarci per caso», per «restare un passante autorevole e non distratto, neanche dal mare» che «trasforma tutto in poesia», – che evoca L’Isola che non c’è di Edoardo Bennato.
Anche i rapporti di coppia, come quello del commissario Maione, – ingiustamente geloso nei confronti della moglie intenta a realizzare se stessa e collaborare al sostegno familiare, – e al contempo quelli di amicizia, amicizia vera, – che ammonisce gli amici dall’essere impetuosi, – subiscono una disamina accurata e scevra di infingimenti nei franchi racconti di De Giovanni, e ecco che si aprono le note di Tutta pe me, Passione e Dicitencelle vuie a accordarsi con le emozioni appena ora espanse.
Che poi il caffè accomuni il più tranquillo degli esseri umani al camorrista detenuto ma sempre pienamente autorevole sulle vite di altri, dentro e fuori del carcere, ci ricordano che una Tazzulella ’e cafè la prendono tutti, pure Don Raffaè.
Di racconto in racconto, di nota in nota scivoliamo, senza quasi accorgercene verso il mare, verso la terra e la poesia di questa città, che nasce nonostante tutto, e la poesia di Maurizio che, “scrittore tra scrittori”, ci ricorda, con le parole di Joseph Conrad, autore di Cuore di Tenebra che «si scrive solo a metà, dell’altra metà se ne deve occupare il lettore». Così, il vero dialogo si realizza e rende tutti e ognuno più umani, più attenti alle sfumature della vita insieme alla musica che apre sempre a una speranza di presente nell’“orribilità” più scura, come ci rivela, testimoniando, in ogni istante, amicizia e presenza all’amico caro, Lucio Dalla ne L’anno che verrà.
E ancora con la musica, – che ha nutrito fino all’ultimo respiro Mango, e che continua a essere la colonna sonora di molti di noi, come degli interpreti di questo “spettacolo-viaggio” tra voci, emozioni, musica, – in un “sentito e partecipato” finale fuori copione, Blandizzi, ha reso omaggio all’Autore di Oro, Mediterraneo, La Rondine, – andatosene via improvvisamente e prematuramente, – intonando Lei verrà, successo al contempo malinconico e animato di speranza che Mango ha donato per sempre al suo pubblico.