
Ore 17.00, Pescara. Giovani e meno giovani, giornalisti in attesa di PIF. Dopo una estenuante fila mattutina per accaparrarsi l’ultimo biglietto rimasto, (alle 13.00 era già sold out), ce l’abbiamo fatta, siamo qui dinnanzi al Cinema Massimo, trepidanti. Tutti sicuri che non tradirà le nostre aspettative. Eccolo che arriva, leggermente in ritardo, ma sappiamo tutti che si fa così. Sorriso sincero, viso fresco e spontaneo, la battuta sempre pronta, leggiadra, non confezionata prima, mai. Perché PIF è così: se stesso, faccia pulita: emozionato nel non riconoscersi più nel ragazzo “che nessuno si filava”, il ragazzo che un po’ si intravede ancora guardando Il testimone. Improbabile non ridere, restare coinvolti dalla sua frizzante allegria: la sua comicità è naturale, fresca, evidente. Più evidente, ancora più importante la sana consapevolezza di sfruttare la sua presenza, il suo lavoro di attore, conduttore, regista, per combattere la mafia ma in specie l’ignoranza dei giovani sul tema, ma non solo. “La cosa bella è che puoi dire tutto, quando hai visibilità, hai il potere di cambiare qualcosa, anche se piccola”. E, tra un successo e l’altro, Pif si fidanza pure”. E gioca su questo:” E dire che fino ad un anno, prima del successo del film La mafia uccide solo d’estate, nessuno mi conosceva o ammirava, nessuno sapeva chi fosse Pierfrancesco Diliberto. Oggi tutti mi cercano, addirittura mia madre si vanta di essere la mamma di Pif, e poi, dopo tanto tempo, arriva anche l’amore. Sì, è proprio un bel momento”. Lo sottolinea: “Si parla troppo spesso delle mafie, ma troppo di rado dell’antimafia. E’ questo il vero problema”.
Da qui, grazie al partner Tim, l’idea di realizzare un Museo sulle mafie, la cui richiesta da parte di Pif è lanciata come un sassolino nel lago, senza alcuna certezza di rimbalzare nello stagno. E invece, trova una risposta affermativa, come anche Luca Sofri riconosce. Un museo che ci parli della mafia, per far sì che tutti sappiano, aprano gli occhi vedano cosa la mafia ha prodotto in Italia. Altro progetto, del quale Pif mostra evidenti difficoltà nello spiegarci le componenti tecniche (e ride di questo con grande autoironia) di quella che dovrebbe essere un’app che nella mappa della città di Palermo si simuli, si riproducano, nei punti delle famose “lapidi” – in cui avvennero omicidi di magistrati, innocenti ribellatisi o forze dell’ordine- in questi angoli di Palermo, si ricrei virtualmente la scena dell’accaduto. Tutto ciò attraverso figure animate, per ricostruire e ricordare gli eventi tragici accaduti nel passato.
“A Palermo è pieno ci lapidi, dedicate alle personalità che morirono a causa delle loro idee anti-mafiose, della propria lotta, ma gli stessi cittadini di Palermo ignorano completamente chi siano state, queste persone”. L’app è pensata a tale scopo e si rivolge soprattutto agli adolescenti, spessi indifferenti, per interessarli alla storia della città e della sua grande voraginosa piaga. Una gran bella idea, che speriamo trovi presto la strada della sua concreta attuazione. Che dire? Un altro grande poderoso progetto per il nostro PIF, non ci resta che dargli in nostro: IN BOCCA AL LUPO! Ma, conoscendolo, non ci deluderà neanche stavolta.