
Probabilmente fino a qualche giorno fa, in Italia, il nome Electrolux “diceva” qualcosa solo a poche persone, ferrate in economia o abitanti di determinate province, comunque una sostanziosa minoranza rispetto alla popolazione mediamente informata su fatti e cose. Eppure si tratta di un’azienda di notevoli dimensioni, anzi un colosso multinazionale teoricamente svedese, tanto per capirci l’erede dei vari Zoppas, Rex, Castor, Lux, Molteni, Zanussi e tanti altri marchi noti e meno noti. Produttrice galattica di lavamutande. Un orco dalle mille fauci che, grazie a operazioni finanziarie, commerciali e fallimentari, è riuscito nel tempo a inglobare più o meno completamente una serie impressionante di aziende del settore fino a diventare la prima produttrice al mondo di elettrodomestici, almeno fino agli inizi della grande crisi, oggi seconda solo alla nemicissima Whirlpool.[divider] Artefice di questo capolavoro di capitalismo vorace (e di tanti altri…) la famiglia Wallenberg, una, o meglio, “la” dinastia finanziaria e poi industriale svedese, dal ceppo non nobile e non meno influente della monarchia Bernadotte. Una famiglia, a sentire certe campane del buon mondo liberale, tipica del capitalismo protestante, e cioè ricchissima ma allo stesso tempo impegnatissima a utilizzare le proprie fortune per attività etiche di crescita e di educazione sociale. Famosa una dichiarazione di Jacob Wallenberg, classe 1956 e presidente di Investor, la holding company di famiglia, «Non possiamo sperperare il nostro patrimonio perché in realtà non ne siamo proprietari. Questo tuttavia non ci impedisce di distruggerlo». Tuttavia l’ipotesi di Jacob l’enigmatico, finora, non si è mai neanche profilata, anzi, più passa il tempo e più la ricchezza e gli investimenti aumentano. Ad ogni modo la famiglia Wallenberg, a lustro della propria iconografia storica, può annoverare fra i propri membri anche un eroe civile della seconda guerra mondiale (nonché “giusto” del popolo israeliano), Raoul, salvatore di tanti (secondo alcune fonti diverse migliaia) ebrei ungheresi dalla deportazione grazie ai suoi personali interventi presso gli ufficiali tedeschi di stanza a Budapest, ammorbiditi dal suo cognome ben noto all’industria bellica nazista. Destino beffardo il suo, sopravvissuto agli occupanti nazisti e scomparso (letteralmente) all’arrivo dei liberatori sovietici che subito lo inquadrarono come spia americana…[divider]Vabbè, tornando alla cronache odierne, in Italia Electrolux impiega circa seimila persone, nelle province di Pordenone, Treviso, Milano e Forlì. L’Italia banalmente ricca insomma, quella sfacciatamente favorita dai piani industriali quando i piani industriali ancora si facevano e quando il governo nazionale ancora contava qualcosa in economia. Prima uno stabilimento esisteva anche a Scandicci, ma poi qualche anno fa ha chiuso i battenti per il solito piano di risanamento dei conti aziendali e di impazzimento di quelli dei lavoratori. Sicuramente nelle zone dove produce Electrolux è il motore industriale ed economico delle locali consorterie, la FIAT di quei posti insomma…Adesso, dopo un notevole calo dei profitti “italiani” e non solo, i maghi del business di Electrolux, proprio come fedeli discepoli di un’entità nordica superiore, si sono inventati la parabola industriale dell’anno, presentandosi ai lavoratori con una proposta allegramente “charmante” (nel senso del napoletano sciarmante) molto simile a un allegro ricatto, la proposta di cambiare le condizioni lavorative sul modello di altri stabilimenti dell’azienda attivi in Polonia.[divider] Marchionne ha solo da imparare da questi egualitaristi globali della mesata. Quindi, adeguarsi agli standard lavorativi polacchi, ai salari polacchi, alle condizioni sindacali polacche, forse anche alla cucina polacca. Più problematico sembrerebbe abituare gli operai italiani a bere due bicchieroni di “vodka del cacciatore” alle sette del mattino prima di entrare in turno, ma l’azienda per questo ha garantito un periodo di formazione. Alle condizioni in cui operiamo in Polonia, avrebbero detto i capi svedesi accompagnati da una dozzina di giovani donne svedesi utili per confondere le idee gli interlocutori, gli stabilimenti di Susegana, Porcia, Solaro e Forlì sopravvivrebbero, mentre se il piano fosse respinto il gruppo bloccherebbe gli investimenti in Italia, cioè chiuderebbe le baracche. Ecco qua, il modello di fatto della contrattazione separata ci sta portando in Polonia. Sia chiaro, nessuna discriminazione verso la Polonia e la sua gente, ma la proposta “liberale” di Electrolux forse mette in pericolo cinquant’anni di progresso civile e sociale dei lavoratori italiani, già piuttosto colpiti da accordi sindacali al ribasso e sciagurati ministri del lavoro.[divider]Ma quanto guadagna un operaio polacco della Bassa Slesia? Quando va bene, fra i settecento e gli ottocento euro al mese. Più o meno la metà di uno italiano, oppure quanto l’operaio italiano prende in cassa integrazione…Dopo il polverone inevitabilmente sollevato che ha spinto ad intervenire addirittura il ministro Zanonato e il governo delle lunghe attese (“Non alzeremo bandiera bianca” ha detto Letta, e poi è scomparso), comunque tirati per il collo da governatori e amministratori terrorizzati, quelli di Electrolux hanno cercato di rigirare la frittata, sostenendo che in realtà il loro piano prevede una semplice riduzione di 130 euro sullo stipendio netto di ogni lavoratore. A parte il fatto che 130 euro su un stipendio di 1400 significherebbe una riduzione del dieci per cento e che la frittata rigirata sa decisamente di bruciaticcio, il tormentone insopportabile è un altro, e cioè lo scaricabarile latente di ogni piano di rientro industriale che, tanto per cambiare, deve essere pagato dai lavoratori e non dai superpagati dirigenti responsabili delle arcane strategie aziendali e delle solari crisi di vendite. Ovviamente la vicenda subito ha (surri)scaldato i cuori dei teorici nostrani della riduzione del costo del lavoro; che magari possono avere anche ragione, anzi sicuramente ce l’hanno, soprattutto se l’obiettivo unico, trasversale e ridondante è l’aumento generalizzato dei consumi. Ma pur a voler raccogliere l’intimidazione di Electrolux senza alzare bandiera bianca, non sarebbe sufficiente ridurre il cuneo fiscale, si dovrebbe proprio dimezzarlo. E probabilmente neanche così si placherebbero le voglie di bigos con crauti e di ZES (Zone Economiche Speciali, piatto di cui vanno ghiottissime tutte le multinazionali) dei maghetti di Stoccolma, visto che recentemente hanno chiuso uno stabilimento in Australia, dove la crisi non c’è e dove il cuneo è la metà del nostro. In attesa di sviluppi, la Cina è vicina…