[dropcap]U[/dropcap]na realtà che fino ad oggi è rimasta nell’ombra, una realtà che non tutti conoscono: i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Noi de Linkazzato.it ci siamo recati presso il Distretto Asl Napoli 1 dove è ubicato il Polo per la diagnosi ed il trattamento dei DCA. Una condizione che abbiamo già affrontato in passato (vai all’articolo http://www.linkazzato.it/2013/04/interviste/disturbi-alimentari-napoli/ ), ma questa volta a parlare,davanti alle nostre telecamere, sono i diretti interessati davvero “incazzati” ed in preda al terrore. Perché tanti timori? Secondo le testimonianze raccolte, l’ottimo e funzionale centro terapeutico che ha sede nel quartiere di Soccavo, circa un anno fa, arrestò le attività di sostegno per 90 giorni lasciando in balìa di se stessi i pazienti in cura. Ma cosa significa interrompere una terapia per una persona affetta da anoressia, bulimia o binge? Significa ricadere nel tunnel. Significa cancellare tutti i progressi fatti grazie alle cure. Significa ammalarsi più gravemente di prima. Ed è proprio questa l’esperienza che tutti, all’unanimità, ci hanno raccontato. Infatti con la riattivazione delle terapie, i pazienti hanno ripreso a migliorare dal punto di vista fisico ed emotivo, anche se si sono ritrovati ad affrontare da capo il percorso di guarigione (già molto lungo) e con qualche barriera in più da abbattere.[divider]Dopo la traumatica vicenda passata, oggi i parenti ed i genitori dei pazienti hanno paura che la situazione possa ripetersi con il rischio che i propri cari cadano di nuovo nel baratro. Le loro, non sono solo parole di rabbia ma sono vere e proprie urla di dolore dettate dalla paura di perdere il bene più prezioso che posseggono.[divider]Perché, ricordiamolo, il DCA è, sì, un problema psicologico ma si ripercuote soprattutto a livello fisico, portando, più spesso di quanto si pensi, alla morte. Interviste difficili da raccogliere, in particolar modo quelle delle madri, la cui forte esperienza è ripiombata come un macigno sui loro cuori tanto da impedir loro di parlare perché il pianto ha avuto il sopravvento. Ma le lacrime delle donne sono state molto più espressive e significative rispetto a qualsiasi parola proferita. Ad emergere sono stati anche i diversi problemi burocratici relativi ai codici di esenzione, alla “dimestichezza” che i medici di base hanno con i disturbi alimentari, per non parlare della completa mancanza di sensibilizzazione vigente a Napoli. Infine i cittadini si sono appellati alle istituzioni per prevenire un nuovo e tragico “abbandono” terapeutico. Come ci ha spiegato un genitore: “Interrompere la terapia ad un paziente DCA è come togliere la “medicina” ad un malato di cancro”. Le conseguenze, quindi, sono ben chiare. Cosa aspettare?
Intervista al sig. Gennaro, parente di un familiare affetto da D.C.A., preoccupato per le sorti del centro
Intervista al signor Giovanni un cittadino e un genitore davvero Inkazzato per le problematiche del centro
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Bruna Di Matteo