La gloria racconta la vicenda di Adolf Hitler in un periodo quasi sconosciuto della sua biografia: quando, nel 1907, appena ventenne, insieme all’amico August Kubizek, si trasferì da Linz a Vienna con lo scopo di entrare all’Accademia di Belle Arti e diventare un grande pittore.
Il sogno di gloria dell’aspirante artista cadrà nel vuoto: respinto per ben due volte dall’Accademia, ma incapace di ammettere la propria mancanza di talento, Adolf monterà nei confronti di Kubizek – unico suo amico e probabilmente suo primo, inammissibile amore – un formidabile castello di bugie. Ma la finzione finirà per crollare: scoperto e umiliato, Adolf romperà il rapporto con Kubizek, sprofondando nella miseria più nera e riducendosi per ben tre anni allo stato di senzatetto nella periferia viennese. La disperazione della sua condizione lo spingerà poi, allo scoppiare della Prima Guerra Mondiale, a recarsi a Monaco e ad arruolarsi nell’esercito, dando così inizio al suo tragico percorso politico.
Il testo inizia con l’incontro tra il giovane Adolf e August al Teatro
dell’Opera di Linz
«Il lavoro sulla Gloria ha per noi sicuramente un valore politico; ci accomuna una
forte esigenza di lavorare sulla memoria storica della cultura europea, sui
fondamenti psicologici e storici che stanno alle radici di una dittatura ed analizzare in
cosa consista esattamente questo “terreno fertile” che permette la crescita e la
presa di potere di comportamenti e meccanismi pericolosi, ora più che mai attuali.
Vorremmo portare il pubblico a chiedersi, inoltre, quale sia e quanto sia sottile il
confine che esiste fra un rivoluzionario ed un dittatore, fra un visionario ed un
mitomane. Il testo inizia con l’incontro tra il giovane Adolf e August al Teatro
dell’Opera di Linz, durante il terzo atto del Tristano di Wagner. I due discutono della
musica, di quanto i compositori tedeschi siano ineguagliabili, di architettura, pittura
e del teatro di prosa, di cui Adolf dichiara di trovare insopportabile soprattutto il
pubblico: “Guardali li vedi / seduti appollaiati/ soddisfatti / vengono qui / senza spirito
critico/ vengono qui senza partecipare/ subiscono lo spettacolo”. Partendo proprio da
questo gioco di teatro nel teatro immagino un allestimento prettamente
metateatrale. Il luogo unico della rappresentazione sarà quindi il teatro stesso. Lo
svelamento dell’artificio illusorio dell’evento teatrale renderà palese l’intero impianto
fittizio dell’azione scenica, mostrando l’illusorietà, non solo della rappresentazione,
ma anche della realtà tangibile dagli spettatori.
Stimolare lo spirito critico dello spettatore sarà l’intento di questo spettacolo
L’intento è quello di stimolare per l’appunto lo spirito critico dello spettatore. Il cuore dell’operazione saranno quindi gli attori, che con la recitazione porteranno gli spettatori in tutti i luoghi dello
spettacolo. Un meccanismo scenico simbolico e antinaturalistico, supportato dallo
stile drammaturgico dell’opera. La Gloria, infatti, è un testo poetico scritto in versi e
questo ci darà la possibilità di avviare una ricerca sulla forza letteraria, melodica,
musicale della nostra lingua, una lingua scenica più adatta ad esprimere concetti che
la psicologia dei personaggi. Proprio questa parola sarà il centro della messinscena
che diventerà azione, slancio, figura, carne, forma, storia, e pensiero. Ad incarnare i
versi del testo, tre interpreti, quali Alessandro Bay Rossi per il ruolo di Adolf Hitler,
Dario Caccuri per il ruolo di August Kubizek e Marina Occhionero per il ruolo di
Stefanie, giovane allieva di August.». Mario Scandale
Note dell’autore
«La gloria prova ad analizzare i rapporti tra megalomania e potere, tra gioventù e
sopraffazione, tra gioventù e spirito autoritario. Il giovanissimo Hitler si muove nel
contesto di un’Europa che – pericolosamente simile a quella di oggi – vive un
momento di pericolosa instabilità, di precarietà, d’inquietudine tali che la porteranno
a credere alle bugie di un tiranno megalomane il cui primo aspetto è quello di una
disarmante mediocrità: un artista fallito e disperato il cui unico desiderio da ragazzo
era quello di diventare famoso, e che si troverà invece a diventare un mostro capace
di provocare la più terribile ferita della storia dell’Occidente. La gloria si pone quindi
come un piccolo studio sulle origini delle dittature nel mondo occidentale, e sui suoi
intricati rapporti con la psiche giovanile».