
coppia

[dropcap]C[/dropcap]on la sentenza del 30 gennaio 2013 n. 2183 la Suprema Corte di Cassazione aggiunge un ulteriore rinforzo alla prevalente lettura soggettivo/psicologica dell’art. 151 c.c. che, ricordiamo, sancisce:
la separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole. Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio.
Con tale pronuncia la Cassazione ribadisce, in riferimento al controllo giurisdizionale sulla intollerabilità della convivenza tra coniugi, sia la necessità di un apprezzamento giudiziario oggettivo dei fatti generatori della suddetta incompatibilità, sia una valutazione apertamente soggettiva alla disaffezione ed al distacco spirituale anche di uno solo dei coniugi.
Il giudicante, insomma, nel momento in cui pronuncia la separazione, deve individuare, in base ai fatti emersi nel corso del giudizio, l’esistenza ( anche in uno solo dei coniugi) di elementi di disaffezione al matrimonio che rendano intollerabile la convivenza.
Se viene meno tale condizione (ripetiamo, anche rispetto ad uno solo dei coniugi) si deve ritenere che il coniuge interessato possa proporre domanda di separazione non costituendo quest’ultima motivo di addebito.
Nel caso analizzato i giudici di legittimità affermano che la Corte d’Appello ha rivolto la propria attenzione solo ai fatti oggettivi della causa, senza soffermarsi sui comportamenti del ricorrente stesso (contrari ai doveri del matrimonio).
Tale disaffezione è stata dedotta dai giudici del merito da due circostanze ossia la pregressa separazione dei coniugi (che fa intendere una unione infelice dei due) e l’età della signora (70 anni).
Carlo Angelino