[dropcap]P[/dropcap]ochi giorni fa la cronaca ci ha informato sul caso di violenza subito da un bambino autistico nel vicentino. Di fronte a quella notizia ed a quei video, subito messi in rete, credo che ognuno di noi si sia sentito colpito ed abbia provato disgusto per la crudeltà delle immagini. In questo articolo, rispetto ai commenti ed ai giudizi comuni sentiti in giro, parlerò da counselor, ossia proponendo sull’accaduto una diversa osservazione e quindi riflessione. Per evitare ogni fraintendimento, sottolineo la mia assoluta e totale disapprovazione in merito al comportamento di quelle persone, ma da counselor devo abbandonare il giudizio e cercare di comprenderne le ragioni.[divider]E’ passato molto tempo da quando ho lasciato il mio lavoro di terapista della riabilitazione dell’età evolutiva, ma ricordo ancora, ed i mie ex colleghi confermeranno, che non vi è stata e che tuttora è assente un’adeguata formazione che verta alla gestione delle emozioni del personale, quindi degli operatori sanitari o insegnanti, nei confronti dei disabili e dei loro genitori. Inoltre, non ho ancora visto in prassi, che un dirigente (datore di lavoro, coordinatore del settore o dirigente scolastico) si preoccupi del benessere, dello stato di salute del proprio lavoratore, consumato dall’affaticamento, dallo stress e dalla frustrazione accumulata negli anni, per non parlare dell’ esaurimento emotivo e dell’usura mentale ottenuti in anni di lavoro senza alcun sostegno o supporto. Evidentemente il lavoro sulla prevenzione del burn-out, dovuto al profondo sconforto ed al sovraccarico emotivo quando si è costantemente esposti alla sofferenza umana, è ancora solo fantascienza.[divider]Pur essendo convinta che ognuno possieda la predisposizione ad un dato lavoro, per quello con i disabili, è necessaria una formazione e preparazione che guardi anche all’equilibrio del lavoratore. Questo significa che non bastano la sola sensibilità personale, la motivazione e l’amore per il lavoro; a mio avviso le scuse come l’assenza di fondi per l’aggiornamento del personale sono infondate.
Propongo adesso una riflessione su alcuni commenti e giudizi letti e sentiti:
– Ma il titolo di insegnante, chi gliela dato? Invece io mi chiedo, quanti insegnanti hanno scelto il “sostegno” solo per entrare di ruolo, quindi per il posto fisso, e non perché fossero realmente attratti da quella professione?
– Soffre di depressione da menopausa! Ma siamo davvero legittimati a giudicare lo stato depressivo di una donna come una patologia ad alto rischio? Dov’è improvvisamente finita la nostra comprensione nei confronti di chi ha un disagio e/o una malattia?
–Bisogna istallare delle telecamere nelle scuole! Bene, ma provate a chiedere quanti tra il personale della scuola accetterebbero questa proposta. Chi, cosa, ma soprattutto perché opporsi a che tutti vedano cosa si fa a scuola?
Suzana Blazevic