[dropcap]I[/dropcap]n Italia che l’Università sia in crisi si sa, e ciò è confermato dall’ennesimo primato negativo che pone la penisola tra gli ultimi posti delle classifiche internazionali. A quanto pare, l’università italiana ha subito un netto crollo delle immatricolazioni, è quanto rivelano i dati relativi all’anno accademico in corso, forniti dal Cineca, il consorzio interunivesitario che gestisce l’anagrafe degli studenti universitari italiani, e che avvalorano lo stato di agitazione espresso qualche settimana fa dal Cun, il Consiglio universitario nazionale, anzi lo portano all’esasperazione. Badate bene ai numeri. Negli ultimi tre anni, si sono persi 30mila nuovi iscritti negli atenei italiani ed in nove addirittura più di 70mila. La situazione è gravissima, infatti rappresenta il tracollo più duro degli ultimi 25 anni, calcolando che negli anni 1988/1989 gli immatricolati erano 276.249 mentre quest’anno appena 267.076, per l’esattezza oltre 8mila iscritti in meno rispetto allo scorso anno, mentre il numero di diplomati è addirittura lievitato di oltre 11mila unità. [divider]Il decremento più consistente lo hanno subito i corsi triennali, che in meno di un decennio hanno perso quasi un terzo degli iscritti: 92.749 , nello specifico al primo posto nella classifica delle perdite si piazzano le facoltà ad indirizzo sociale, quali Scienze sociali, Scienze economiche, Scienze della comunicazione e Sociologia. Seguono a ruota i corsi umanistici come Lingue, Lettere e Filosofia, infine la medaglia di bronzo va alle facoltà sanitarie come Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e Professioni sanitarie con più di un quarto (il 27%) degli immatricolati, mentre resistono le facoltà scientifiche di Ingegneria, Matematica, Chimica, Fisica, Statistica con un perdita solo del 3% di matricole. La situazione resta immutata anche per i corsi triennali e a ciclo unico, che si assottigliano del 21% ed anche in questo caso le defezioni maggiori si registrano nei corsi dell’area sociale con un crollo del 29%. Ma perchè questa crisi? Semplice,i costi universitari aumentano in modo vergognoso: le famiglie si vedono costrette a pagare addirittura prima dell’iscrizione, per i famosi test di ammissione, per poi passare alle tasse di iscrizione aumentate, per non dimenticare i costi dei libri,dei trasporti ed il vitto e l’alloggio per i fuori sede.[divider] A confermare quanto appena espresso ci pensa Luca Spadon, portavoce nazionale di Link, Coordinamento universitario: “Negli atenei abbiamo assistito a pesanti aumenti delle tasse: ben 283 milioni in più negli ultimi 5 anni. Inoltre il blocco del turnover con la perdita di oltre il 22% dei docenti in 5 anni ha portato ad un aumento sconsiderato dei corsi a numero chiuso. Crediamo che queste siano le reali motivazioni del calo delle immatricolazioni che sicuramente non dipendono da uno scarso interesse degli studenti verso l’università, ma da alcuni reali problemi sociali e dall’aumento dei blocchi all’accesso”. In realtà oltre ad i motivi economici, un altro fattore non meno importante che porta i giovani a non laurearsi è anche la sfiducia nei confronti del mondo del lavoro: ormai è nota a tutti la tragica situazione che i giovani italiani stanno affrontando in questo periodo. Nonostante siano in possesso di una laurea, spesso frutto di sacrifici enormi, troppo spesso restano comunque disoccupati o costretti ad accettare impieghi per nulla inerenti al percorso di studi intrapreso. Quindi, perché laurearsi?[divider]La situazione dell’ateneo Napoletano Federico II rispecchia proprio questi tristi andamenti. Le tabelle dei pagamenti parlano chiaro: le tasse sono aumentate, sembrerebbero di pochi euro…. ma provate a sommare gli importi della I e della II rata…i pochi euro in più fanno la differenza. Scandaloso è l’aumento della tassa regionale (la più economica da versare), da sempre equivalente a 62 euro e invece quest’anno lievitata alla modica cifra di 140 euro! Quindi alle due tasse, aumentate, aggiungeteci 280 euro in più all’anno. Ed i servizi universitari? saranno migliorati, si penserà: ed invece no! Continuano ad esserci aule strapiene, dove i giovani corsisti sono costretti a seguire le lezioni in piedi o addirittura seduti per terra. I servizi igienici sono pochi, conteggiando 3-4 toilette per centinaia e centinaia di studenti, e in alcune facoltà in condizioni al limite della fatiscenza. Le aule studio, sono sporche e superaffollate costringendo gli universitari pendolari a ritornare a casa, magari dopo aver seguito solo due ore di lezione. E addirittura gli stessi corsi risultano disorganizzati, con orari senza logica che nella maggior parte dei casi non consentono allo studente di studiare giorno per giorno e “mantenersi al passo”…. ed inesorabilmente chi ne risente è lo stress ed il portafogli dei ragazzi.[divider] La soluzione più ovvia potrebbe consistere nella ricerca di lavoretti part-time da parte dei giovani studenti napoletani per (auto)sostenere le spese universitarie. Ma se costretti a lavorare i profitti scendono…e se i profitti scendono la laurea si allontana sempre più, aumentando gli anni di “parcheggio” all’Università e, di conseguenza, i pagamenti delle tasse e le spese che la vita universitaria implica, si protrarrebbero in tempi molto più lunghi rispetto a quelli preventivati. E non dimentichiamo, che il circolo vizioso che si viene a creare è ulteriormente colpito (e affondato) dal problema della disoccupazione giovanile (e non) a Napoli . Quindi perché laurearsi? O meglio perché a Napoli, ma anche in qualsiasi altra città Italiana non è data la possibilità di laurearsi? L’università sarà solo per una ristretta élite di ricchi? Ed il diritto allo studio?
Insomma, la situazione è alla deriva, i sogni e le speranze dei giovani sono in agonia. E se non ci sono i ragazzi, il vero motore del futuro, non c’è storia, non c’è Italia.
Bruna Di Matteo