[dropcap]L[/dropcap]o chiamano “lo scoglio di San Paolo” perché, secondo la leggenda, la nave che trasportava il santo fu affondata dallo scoglio semi affiorante al largo dell’isola di Meleda (oggi Mljet, in Croazia). Di certo, in quelle acque andò a picco una nave da carico di un mercante veneziano proveniente da Costantinopoli che trasportava merce di ceramica turca della città di Iznik, nell’ultimo ventennio del sedicesimo secolo. E, poco distante, presso Capo Stoba, stessa fine toccò, nell’ XI secolo, ad un’altra nave veneziana, che lasciò, sul fondale digradante, un carico di vetri di area palestinese ed anfore del Mar Nero che si presume contenessero vino. Lo testimoniano i due relitti sui quali, grazie alla collaborazione con il dipartimento di Archeologia dell’Istituto per il restauro di Zagabria già iniziata nel 2006, una missione del dipartimento Studi umanistici dell’Università di Ca’ Foscari di Venezia ha eseguito le prime ricerche archeologiche subacquee, grazie ai finanziamenti della Regione Veneto. I primi risultati degli studi sono stati presentati nel convegno “I relitti di Venezia. Dal medioevo all’età moderna attraverso le ricerche archeologiche italo-croate in Dalmazia”. Come ha dichiarato Carlo Beltrame, docente di archeologia marittima, che ha coordinato la missione con Sauro Gelichi:
Il relitto del sedicesimo secolo dopo l’impatto con lo scoglio è scivolato su un fondale molto profondo, tra i 35 e i 47 metri, e questo ha richiesto un’organizzazione particolare negli scavi, con l’utilizzo tra l’altro di speciali miscele d’ossigeno. Abbiamo quindi analizzato i resti dello scafo ligneo, trovando, oltre alla rarità della campana di bordo, che ci ha permesso di datare la costruzione al 1567, ancore, artiglieria in bronzo e oggetti di vita di bordo, avendo la conferma che si trattava di un’imbarcazione veneziana per la presenza di ceramiche venete, artiglierie veneziane e ossa di maiale, che ne hanno escluso l’origine araba
Gli scavi sul relitto, scoperto per caso da un sommozzatore nel 2009 in acque militari, sono a buon punto e si calcola di realizzare un volume, già finanziato dalla Regione, entro un anno. Quanto al relitto più antico, già noto dagli anni Sessanta e giacente su un fondale più basso (circa trenta metri), ma sul quale, prima dello scavo vero e proprio, erano stati effettuati in passato solo piccoli interventi, Beltrame ha spiegato che:
‘Fondi permettendo sara’ necessario tornarci in settembre. E’ uno dei pochissimi relitti di quel periodo, l’unico in Adriatico. E’ quindi fondamentale per conoscere le rotte del periodo medievale, in cui Venezia iniziava a controllare pienamente l’Adriatico, e le rotte da Costantinopoli. Studieremo poi il vetro e faremo l’analisi del contenuto delle anfore
Bruna Di Matteo