
E’ accaduto la scorsa settimana. Un giovane londinese, residente nella zona di Berkley, è stato letteralmente inondato da una valanga di regali. Ben 51 i pacchi inviati dalla ditta Amazon e contenenti i prodotti elettronici di svariati tipologie, addirittura un tablet, per finire con un letto ed un passeggino. Tutto ben impacchettato e recapitato nell’abitazione del ragazzo per un valore di 3600 sterline, pari ai nostri 4.550 euro! Il problema è semplice: il giovane non ha ordinato nessuno dei prodotti in questione, allora da quale ordine arrivano? Ovviamente, si può ben immaginare l’incredulità del ricevente che si è trovato baciato dall'”insolita” generosità amazoniana.
Il giovane, iscritto alla Facoltà di Ingegneria presso l’Università di Liverpool, si è presto reso conto che l’inghippo era legato ad un grave errore di sistema aziendale, e si è deciso a contattare l’azienda Amazon per segnalare quella che possiamo definire una svista assai grave da parte della ditta. Ma si può parlare solo di svista? Babbo Natale arriva in anticipo e nessuno ne parla? Come mai un’azienda di rilievo internazionale, che occupa il mercato da anni, ha commesso un fallo così evidente? Oltre a considerare la cattiva pubblicità che già dai giorni scorsi si è riversata sull’azienda, specie durante un periodo ad alta sensibilità mediatica come quello pre-natalizio, c’è da chiedersi: perché? E come è potuto accadere? Dal Daily Telegraph hanno riferito che il problema di sistema è stato risolto ed il giovane londinese potrà tenere i prodotti senza pagare alcunché. Ma si tratta davvero un episodio isolato? Affatto. Non è la prima volta che Amazon cade in preda a fenomeni di prodigalità inusitata e sospetta. Non a caso Ard, l’emittente radiotelevisivo tedesco con maggiore visibilità in Germania, ha deciso di procedere con un’indagine, realizzando un reportage per fare luce sulla questione Amazon. Il reportage ha svelato finalmente le reali condizioni, al limite dell’inumanità, nelle quali i dipendenti di Amazon (la più rinomata e ricca azienda online di prodotti elettronici e libri che vanta un fatturato annuo pari a 9 miliardi di dollari!) sono costretti a svolgere il proprio lavoro. Il reportage è stato realizzato presso la sede di Bad-Hersfeld, in Assia, ovvero quasi al centro dello stato tedesco, località nella quale è situato il più grande centro di smistamento merci. Amazon assume, e molto direi. Ma qui, la grande madre si tramuta in matrigna. Della selezione dei candidati, infatti, si occupa un’agenzia interinale, scelta dall’azienda, che provvede alla ricerca dei profili migliori. Durante il periodo natalizio la necessità di assumere personale anche solo per brevi periodi, come si può ben immaginare, aumenta notevolmente. Questo comporta un ulteriore sfruttamento dei dipendenti, soggetti a lavorare in situazioni di stress e continue pressioni. E non è finita qui! Non solo ai lavoratori non vengono riconosciuti i contributi sociali, l’azienda tende a non prestar fede alla tipologia di retribuzione garantita in origine, retribuzione che viene decurtata del 12%. Per finire in bellezza: la maggior parte degli assunti sono stranieri, prevalentemente spagnoli, spinti dalla crisi economica a cercare lavoro al di fuori del paese natio. Non conoscendo bene (o per nulla) la lingua tedesca, non riescono a comprendere esattamente il contenuto, le clausole di contratto e sono esposti ad imbrogli e manipolazioni. Inoltre, ai dipendenti provenienti da altri paesi viene offerto anche alloggio, in appartamenti claustrofobici in cui il personale viene “sistemato” come se si trattasse di sardine in scatola. Roba da fabbriche cinesi. Le condizioni igieniche sono precarie, e per raggiungere la sede di lavoro, è necessario spostarsi ogni giorno in avventure non sempre a lieto fine, percorrendo lunghi tragitti a bordo di vecchi autobus. E tutto ciò a spese del lavoratore, al quale resta solo un minimo salario e la fierezza di poter dire: “Lavoro in Amazon”. In più, c’è il sospetto che una delle aziende addette alla security, la H.e.s.s. sia filo-nazista, non a caso sul nome è tutto dire: ci ricorda quello di Rudolf Hess (noto nazista). L’azienda smentisce le accuse di discriminazione e violazione dei diritti umani, e ci tiene a precisare che anche dal punto di vista dell’inquadramento si prediligono contratti a tempo indeterminato, quelli provvisori sono considerati come una sorta di periodo di prova per un futuro inserimento in azienda. Sarà vero? I dubbi sono molti.
Altro paese, stessa musica. Siamo in Pennsylvania: anche qui Amazon sembra non rispettare né il diritto di pausa lavorativa, né tanto meno quelli di orario massimo consentito (10 ore di lavoro con 10 minuti di pausa).
Sono i dipendenti ed i clienti a costituire la vera, solida forza di un’azienda rispettabile ma Amazon questo sembra non averlo capito. O forse, è più comodo criticare la concorrenza per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle proprie nefandezze. Forse Amazon incassa più di tutte le altre imprese online, ma perderà il rispetto e la fiducia degli affezionati acquirenti, ed il buon nome di chi vende per rendere felici le persone, con trasparenza ed affidabilità. Si avvicina il Natale, e di solito gli spot televisivi invitano agli acquisti… siamo sommersi dallo spam anche sulla posta elettronica. Amazon è ovunque, nella vita di qualunque persona che abbia mai acquistato un pc o un libro, un cd o un dvd imperdibile. Ho sempre pensato che Amazon vendesse soprattutto sogni, al di là dei prodotti. Oltre “la merce” c’è il nome, la tradizione di una ditta che lavora per presentare se stessa al mondo intero. Ho sempre pensato che Amazon vendesse efficienza e qualità, perché il suo biglietto da visita sono sempre stati i clienti numerosi e la tempestività delle consegne. Quest’anno bisogna fare un passo indietro. Un regalo in meno. Boicottiamo per la tutela dei diritti umani. Così, questo potrebbe essere il primo Natale da ricordare, con un gesto sincero, atto di contestazione collettiva contro il consumismo sfrenato che sta uccidendo gli uomini, osannando le cose. Sostituiamoci in prima persona all’immagine stereotipata dell’omino che fa la fila per un Iphone di ultima generazione, quella di una coscienza che si indigna e sciopera, per una volta non si piega ai soprusi. Non compriamo, ma diffondiamo queste ingiustizie. Potrebbe essere un ottimo Natale per tutti. Non per Amazon, ovviamente.