
[dropcap]S[/dropcap]i intitola “Tutti De Sica” la mostra, o retrospettiva per chi ama i vezzi artistici, ospitata all’Ara Pacis di Roma. Ripercorre la carriera artistica, termine che mai come in questo caso casca a pennello, di uno dei più grandi artisti del novecento italiano. Cantante, attore di teatro prima e di cinema poi, regista tra i più importanti della storia mondiale, ma soprattuto uomo di spettacolo, quale fosse il palcoscenico, quale fosse lo sfondo. Risposta alle star di Hollywood che apparivano come Dei agli occhi di un’Italia in ginocchio, devastata dalla guerra e ancora ignara del decennio di boom economico che sarebbe venuto. Definito da Pavese: “il miglior narratore contemporaneo, come Thomas Mann”. [divider]Ci si immerge nel mondo di un artista rimanendone paradossalmente fuori, consci che c’è ben altro, che la grandezza di un genio è sempre nelle foto non scattate, nelle scene non riprese, nelle storie non raccontate; si tratta di una mostra ricca: centinaia di immagini, di testimonianze video, di oggetti. Ci si imbatte in cimeli storici: la bicicletta rubata del suo capolavoro assoluto, scritti, lettere, copioni modificati, un Oscar, nastro d’argento, la toga con la quale De Sica espone la sua arringa in difesa di una Lollobrigida “maggiorata fisica” con l’esaltazione della giuria. Ci sono estratti di film, sia quelli degli inizi come “Gli uomini che mascalzoni” con la scena del tram, di una bellezza infinita; ma anche estratti dei su capolavori che hanno reso il neorealismo di fine anni 40′ una colonna del cinema contemporaneo: una piccola sala cinematografica che proietta documenti dell’istituto luce, i premi vinti e ritirati, le scene di Umberto D., Sciuscià, Miracolo a Milano e poi il suo capolavoro assoluto: Ladri di biciclette. [divider]Il percorso è ben definito, che altro modo utilizzare per raccontare, anche in minima parte, un artista infinito, se non ripercorrendo il suo lavoro agli inizi alla fine, mostrando anche un’ evoluzione congeniale a chi trasforma la vita in opera artistica? Questo è stato De Sica: un genio che amava le persone, amava la vita, i pregi e soprattutto i difetti di chi lo circondava, scherzava su se stesso, sulle proprie debolezze anche esaltandole e trasferendole nei personaggi che dirigeva come un direttore d’orchestra, infatti ci dice il figlio Manuel:
mio padre ha sempre sognato di fare il direttore d’orchestra, amava dire “se fate come me, l’esecuzione di questa scena verrà perfetta”
La semplicità è la caratteristica dei suoi film, la bellezza diretta; lo dimostra la sua idea del mondo visto dagli occhi dei bambini, i grandi veri protagonisti dei suoi film. Uno sguardo senza preconcetti e pregiudizi, asettico rispetto ad una visione sporca e distorta delle cose, ma in tutta la loro essenza, anche quando estremamente drammatica. E poi la sua amicizia e collaborazione con Zavattini, ricordato troppo poco, anche lui artista immenso, che lo ha accompagnato soprattutto durante gli anni dei capolavori, ma anche dopo, quando la maturità artistica di un genio non smette di sorprendere: la loro passeggiata sulle Champs-Elysees, mentre discutono in maniera teatrale di un nuovo progetto, è poesia pura per chi ama il loro lavoro.[divider]La grandezza di De Sica si mostra anche nell’impossibilità di censura; troppo importante il suo lavoro, troppo definitivo il suo parere, perché venisse chiusa in un cassetto anche solo una scena, pur la più dura o esplicita, alla quale gli italiani non erano abituati. E poi la commedia all’italiana. I film con Mastroianni e la Loren: la scena di “Pane, amore e…” del mambo ed un capolavoro di comicità: la partita a carte in “L’oro di Napoli”, una parabola agrodolce su le debolezze dell’uomo, sulla vulnerabilità. De Sica è stato tutti personaggi cha ha interpretato e tutti quelli che ha plasmato e diretto, ed è stato altro, tanto altro.[divider]E quindi niente si può aggiungere alle parole di Woody Allen, in uno dei filmati che riportano le interviste del docu-film “Vittorio D.” che troviamo alla fine: “Uscì quando ero ragazzino. Sembra un film così semplice, a prima vista… Mi impressionò profondamente, anche perché non ha difetti. Ogni parte funziona in modo perfetto (…) Ladri di di biciclette è un capolavoro, un’opera d’arte perfetta, ma non nel solo ambito del cinema neorealista, in tutta la storia del cinema mondiale.”
Massimiliano Notaro