
Chi mi conosce bene è memore della mia ancestrale passione per l’inchiostro e la carta stampata; a tal proposito, in occasione del 65esimo compleanno di mio padre ho deciso di condividere con voi gentili lettori una lettera indirizzata proprio a lui.
Caro papà,
“Il tempo è quella cosa che se non mi chiedi di cosa si tratta so risponderti, altrimenti no”. Questo l’incipit di una delle tue lettere più belle, perché in fondo il mestiere di scrivere ti è sempre appartenuto, hai sempre saputo articolare parole e linguaggio con l’armonia delle note di uno spartito; e se è vero che il talento non si può trasmettere, non dicasi lo stesso per le passioni, eredità preziosa di un legame destinato a restare imperituro: stilo e taccuino, vinili, metter nero su bianco pensieri, l’abilità dialettica, per citare solo una parte del patrimonio ricevuto da te in più di vent’anni.

L’inesorabile flusso del divenire è scivolato come olio lungo la tela della vita, quante volte mi hai ripetuto che esistono poche stagioni in cui si è realmente felici, che ad un certo punto della propria esistenza bisognerebbe fermarsi e riflettere, o perlomeno non invecchiare troppo. Ma tu riesci, quasi per un sortilegio, a non invecchiare, strappando ancora un sorriso, emozionandoti di notte guardando vecchi films, leggendo i versi di Emily Dickinson o Alda Merini, cantando una canzone di Claudio Lolli o di Francesco Guccini, commuovendoti al ricordo di un momento passato che vorresti trasporre in presente.
Uno dei tratti che più ci accomuna è proprio la necessità di essere capiti, di non annientare il nostro ego per gli altri, il bisogno di ancorarci a ciò che ci ha fatto battere forte il cuore, del resto nessuno può impedirci di preservare le vestige di una realtà che ci ha visti gioire come mai accaduto, di rifuggire gli schematismi, i cliché da Grand Hotel, i calcolatori seriali di quotidianità artificiali, i mediocri.

Riesco a leggere la profondità del tuo sguardo, comprendo ciò che stai per dire prima che tu ti accinga a farlo, mi accorgo di quando stai per piangere o quando ti ostini a reprimere le lacrime; conosco i tuoi silenzi che valgono più di mille lemmi, comunichiamo in un modo unicamente nostro, e forse per tale ragione destinato a pochi.
“Quelli come noi sono destinati ad essere perdenti“, hai spesso ribadito. Eppure io mi sento vincente ad avere un padre come te.
Con grande stima ed affetto.
Tua figlia.