
La massa arcobaleno si è mobilitata da Piazza Dante, invadendo con le sue musiche ed i suoi colori il centro storico di Napoli, prima di terminare la propria sfilata tra Piazza del Plebiscito ed il lungomare. Tutto questo è successo ieri, in occasione del Gay Pride 2019, un evento che, come storicamente succede nella metropoli partenopea, riesce a coinvolgere migliaia di uomini, donne e bambini in un clima festoso e, soprattutto, orgoglioso di se stesso.

La vera novità, invece, arriva dal Comune di Napoli: se storicamente il sindaco Luigi de Magistris aveva sempre dimostrato il proprio supporto alla comunità LGBT+, quest’anno ha addirittura deciso di sfilare in primissima linea, esponendo anche i gonfaloni del Comune di Napoli e della Città metropolitana di Napoli (cosa che ha creato, nel cuore di chi scrive, una sincera commozione, non lo nego).
Il supporto delle principali cariche politiche della città, però, è purtroppo un fenomeno in controtendenza, soprattutto considerata la campagna omofoba del ministro Fontana, supportata dal vicepremier Salvini.

Il Pride di quest’anno più che mai, però, ci ricorda il valore delle manifestazioni in piazza come mezzo per lottare per i propri diritti: il Mediterrean Pride 2019, infatti, ricorre a 25 anni dal primo Pride in Italia, tenutosi a Roma nel 1996 e, soprattutto, nel 50ennale anniversario dagli eventi di Stonewall, dove un gruppo di omosessuali newyorkesi si opposero per la prima volta alla durissima persecuzione della polizia a cavallo tra gli anni ’60 e ’70.
Può quasi sembrare strano, dunque, che adesso la comunità omosessuale manifesti la propria rabbia per la disuguaglianza nell’ambito diritti civili che ancora esistono rispetto alle coppie eterosessuali, ma , in realtà, si tratta esattamente di ciò che succedeva nel 1969 a Stonewall: si dimostra che quando c’è l’orgoglio e non si sente il bisogno di nascondersi e fare un passo indietro, si può davvero compiere una rivoluzione.