
Il logo degli IBI 2019
Gli Internazioni d’Italia hanno un padrone assoluto, e Roma ha il suo re: il trentaduenne spagnolo di Mancor che risponde al nome di Rafael Nadal.
Quello che si è concluso ieri è stato un torneo bellissimo, per certi versi straordinario, unico per quello che è successo il giovedì e davvero di poco inferiore, per qualità ed intensità, ai tornei del Grande Slam; ma andiamo per ordine, iniziando dalla fine.
Ha vinto, per la nona volta, Rafa Nadal; lo spagnolo ed il suo staff sono precisi come un orologio svizzero, avendo l’invidiabile capacità di programmare una preparazione che immancabilmente porta il divin mancino ad essere al massimo della forma in corrispondenza dell’ATP Masters 1000 di Roma e dello Slam di Parigi. Negli internazionali BNL d’Italia del 2019, Nadal è stato più che imbattibile, è stato per gran parte della settimana letteralmente ingiocabile: ha raggiunto la finale del torneo senza perdere un set, perdendo in tutto solo 13 game e superando con imbarazzante semplicità avversari del calibro di Basilashvili, numero 18 al mondo battuto per 6-1 6-0, e Tsitsipas, numero 7 al mondo battuto per 6-3 6-4. L’unico in grado di impensierirlo, e solo per un set, è stato il numero uno del mondo Djokovic, comunque battuto in finale con un secco 6-0 4-6 6-1 in due ore e 25 minuti. Se Rafa giocherà così anche al Roland Garros, difficilmente ci sarà qualcuno in grado di contendergli la vittoria dello slam sul mattone tritato.
L’altro finalista, il serbo Djokovic, ha onorato la prima posizione del ranking mondiale da lui saldamente occupata, giungendo però all’ultima partita del torneo tramite un percorso ben più accidentato di quello dello spagnolo; dopo i primi turni tutto sommato semplici, il serbo ha dovuto affrontare due maratone con racchetta di tre set contro due argentini: la prima contro Juan Martin del Potro, vinta dopo oltre tre ore di gioco e conclusasi all’una di notte, quando ormai il venerdì era già diventato sabato; la seconda, iniziata meno di 20 ore dopo, contro Diego Schwartzman e durata “solo” due ore e mezza. Dopo queste due imprese sportive, Nole alle 16 di ieri si è presentato sul centrale per la finale comprensibilmente scarico di energie, ed ha quindi perso il primo set a 0 senza offrire alcuna reale resistenza; decisamente meglio è andato il secondo set, in cui il serbo, smaltita qualche tossina di troppo, ha tirato fuori classe e carattere, strappando a Rafa un break ed il set, per poi cedere di schianto nel terzo.

E passiamo al terzo immortale: Roger Federer è tornato dopo tre anni a scaldare il Foro Italico, suscitando uno straordinario entusiasmo nel pubblico ed anche qualche involontaria polemica: pare infatti che gli organizzatori, ricevuta la conferma della presenza di King Roger, abbiano raddoppiato il prezzo dei pochi biglietti rimasti invenduti per il mercoledì, giornata di esordio del campione svizzero sul centrale del Foro. Il campione svizzero, saputa la cosa, si è detto dispiaciuto; il presidente della FIT, Binaghi, ha negato il legame tra l’aumento del prezzo dei biglietti e “l’effetto Federer”; polemiche di basso cabotaggio, non degne di un torneo per ogni altro aspetto eccezionale. Ad ogni modo, Federer non ha deluso, essendo giunto fino ai quarti di finale battendo prima il portoghese Sousa e poi, in un match da brivido vinto al tie break del terzo dopo aver annullato due match point, Borna Coric, il croato numero 15 al mondo che ha giusto 15 anni meno dello svizzero. Le due partite, giocate lo stesso giorno, debbono però aver lasciato troppe scorie nei muscoli di Federer, che non è riuscito, il giorno dopo, a scendere in campo contro Tsitsipas; evidentemente, King Roger, vittima di affaticamento muscolare, ha preferito evitare rischi e conservarsi per il Roland Garros.
Il torneo di quest’anno è stato caratterizzato quindi da un livello qualitativo eccezionale, come d’altro canto conferma la finale giocata tra i primi due della classifica mondiale; ma ciò che renderà gi IBI 2019 indimenticabili è quel che è successo giovedì 16 maggio, e per parlarne dobbiamo partire dal giorno prima. Mercoledì 15 ha piovuto tutto il giorno, e quindi non si è potuta giocare neanche una partita; il caso ha voluto che proprio mercoledì avrebbero dovuto esordire in secondo turno sette delle prime otto teste di serie: Djokovic, Nadal, Federer, Thiem, Nishikori, del Potro e Tsitsipas. I tempi dei tornei sono imprescindibili, e quindi, costi quel che costi, il giovedì il terzo turno deve finire. Cosa si fa, quindi, se il mercoledì non si può giocare il secondo turno? Si fa come si è fatto questa settimana a Roma: il giovedì si giocano sia il secondo che il terzo turno, con buona pace dei tennisti che dovranno sobbarcarsi due match in poche ore. E così è stato questo straordinario 16 maggio 2019: nella giornata più densa di grande tennis degli ultimi anni, si sono giocati tutti gli incontri del secondo (tranne l’incontro tra Berrettini e Zverev giocato martedì) e terzo turno; i fortunati spettatori del Foro hanno quindi potuto ammirare, nel volgere di un’unica giornata, tutti i più forti tennisti del mondo, compresi i tre immortali iscritti al torneo, impegnati non in uno, ma in ben due match. Per capirci: meglio di una super offerta di Divani&Divani.
Passiamo quindi agli italiani, cominciando dalle note dolenti: Marco Cecchinato, testa di serie numero 16 grazie alla sua diciannovesima posizione nella classifica mondiale, è uscito ancora una volta al primo turno, sconfitto in tre set dal giovanissimo australiano Alex de Minaur. Non hanno fatto meglio di lui Andrea Basso, sconfitto da Cilic, Andreas Seppi, battuto da Bautista Agut e Lorenzo Sonego, superato da Khachanov, ma in questo caso gli azzurri hanno avuto l’attenuante di essere stati eliminati da atleti meglio classificati di loro. E’ riuscito invece ad andare avanti fino al terzo turno Fabio Fognini, sconfiggendo con relativa facilità il francese Tsonga in primo turno e il moldavo Albot in secondo turno; purtroppo, ancora una volta il ligure non è stato in grado di superare il primo avversario meglio classificato di lui, il greco Tsitsipas, dimostrandosi, come purtroppo spesso accade, inferiore ai top ten non tanto dal punto di vista del gioco, quanto della tenuta mentale, non solo in campo, ma anche fuori. Furioso per la sconfitta, infatti, Fognini ha rilasciato dichiarazioni di fuoco, arrivando a chiedere la cacciata del direttore del torneo, Sergio Palmieri, reo di averlo fatto giocare due volte nella stessa giornata; evidentemente, al buon Fabio sfugge l’ovvia constatazione che nessun organizzatore possa controllare il tempo atmosferico, verità lapallissiana per tutti i suoi colleghi più titolati che hanno giocato, e vinto, le loro due partite nello stesso giorno senza dire né “a” né “ba”.
Ma usciamo da queste miserie provinciali e passiamo alle cose belle: Jannik Sinner e Mario Berrettini. Il giovanissimo, appena diciassettenne, altoatesino Sinner ha superato il primo turno battendo il veterano americano Steve Johnson, meglio posizionato nella classifica mondiale di oltre duecento piazze e capace, nel 2016, di innalzarsi fino alla posizione 21 del ranking; in secondo turno, il nostro nulla ha potuto contro Tsitsipas, il next generation più in forma del momento, ma ha dimostrato di disporre di margini di crescita davvero impressionante. Jannik si è già qualificato per il torneo di Lione, cominciato ieri, dimostrando che ormai i tornei ATP sono alla sua portata; oggi proverà il suo valore affrontando un top 50, il kazako Kukushkin, un cliente certamente non facile.

Se possibile, meglio di lui ha fatto Mario Berrettini, di gran lunga il migliore degli italiani in questo periodo. Il 23enne romano giocava in casa nel torneo dei suoi sogni: lui stesso ha raccontato come, da ragazzino, facesse carte false per entrare al centrale per guardar giocare i campioni con cui adesso condivide gli spogliatoi. E l’aria di casa deve avergli giovato: dopo una facile vittoria in due set in primo turno con il francese Pouille, posizionato meglio di lui in classifica e capace, solo un anno fa, di entrare nella top ten, Mario ha fatto il capolavoro in secondo turno, battendo il campione tedesco Alexdander Zverev, numero 5 al mondo che l’anno scorso qui a Roma arrivò fino alla finale, poi persa con l’imbattibile Nadal, superando in secondo turno proprio Berrettini. L’italiano, in questo difficilissimo match vinto per 7-5 7-5, ha dimostrato una volta di più di avere non solo un notevole talento, ma anche la stoffa del campione: come suo solito, ha letto perfettamente la partita, giocando alla grande i punti importanti ed impedendo il ritorno del tedesco nel secondo set, per poi chiudere al secondo set point liberando il boato di gioia del centrale. Purtroppo, il miracolo non si è ripetuto nel match successivo, che Berrettini ha perso in due set dal sorprendete Schwartzman, l’argentino che, in semifinale, ha costretto Djokovic al terzo set.
Siamo in una settimana di passaggio, e tutti i più forti, eccetto Zverev che giocherà a Ginevra, ne approfitteranno per riprendere fiato in vista del Roland Garros; da lunedì prossimo, però, comincia il campionato del mondo sulla terra battuta, e si sa: when the going gets tough, the tough get going.