
Mentre il 21 Aprile l’intera Italia festeggiava la Pasqua in famiglia, due uomini si arrampicavano sul campanile della Chiesa del Carmine a Napoli, esponendo uno striscione in cui richiedevano il reddito di cittadinanza: era il primo dei tre giorni di protesta di Mimmo Mignano e Marco Cusano, due ex-operai della FCA di Pomigliano D’Arco, i quali erano stati impossibilitati a richiedere il RdC a causa di un difetto della legge.
Mignano e Cusano, infatti, erano stati licenziati nel 2014, dopo aver esposto un manichino impiccato con le sembianze dell’allora amministratore delegato Sergio Marchionne durante una protesta. Da quel momento, loro, insieme ad altri tre operai dell’azienda, erano rimasti disoccupati e, dopo le promesse del governo gialloverde, erano convinti di poter usufruire del reddito di cittadinanza. Queste speranze, però, sono state disattese, poiché il loro ISEE è stato calcolato basandosi sul loro ultimo stipendio da lavoratori, e non sul loro attuale stato di disoccupati, impedendo ai cinque di essere inclusi nel programma di erogazione dell’INPS.

I due operai, allora, si
sono attivati, per risolvere questo problema alla radice. Quando il presidente
dell’INPS Pasquale Tridico, infatti,
aveva offerto loro un incontro per risolvere singolarmente il problema dei
cinque operai, la risposta era stata chiara: l’obbiettivo della protesta non
era una deroga “ad personam”, ma una modifica radicale della legge, che
permetta a chi ne ha veramente bisogno di accedere al RdC.
Questa lotta, infatti, ha conseguito il supporto dei sindacati di tutta Italia,
ottenendo un risvolto politico non indifferente: solo quando le massime cariche
dell’INPS hanno promesso una trattativa con il ministero del lavoro, al fine di
modificare la legge, i due operai sono scesi dal campanile, dimostrando che gli
operai sanno ancora come alzare la voce.
Intervistato al termine della protesta, Mimmo Mignano si è detto estremamente soddisfatto, poiché, tramite quest’ultima, egli è stato capace di farsi portavoce non solo dei suoi colleghi, ma di tutti gli operai italiani che non hanno avuto accesso al reddito.
Ignorando dunque i motivi oltraggiosi del licenziamento di questi operai, dunque, si può dire che essi si siano completamente redenti grazie a questa contestazione, non solo per aver messo in luce la fallacia di una legge presentata come l’opera migliore del governo gialloverde, ma soprattutto per aver dimostrato che esiste ancora un futuro per la lotta di classe.