
Di Maio premier, anzi Salvini, oppure Fico o la Casellati. Le regionali in Friuli saranno fondamentali, anzi no, non valgono niente. Con un mafioso come Berlusconi mai, o forse si?
Da quando gli scrutini del 4 Marzo hanno presentato una situazione di totale equilibrio, si è acceso un dibattito furioso, nel quale si è detto e provato di tutto: alleanze, accordi, contratti e tradimenti. In mezzo, tante, tantissime parole: ha iniziato Beppe Grillo, definendo il capo della Lega (ex Nord) Matteo Salvini come un uomo “che mantiene la parola data”, dopo averlo indicato a più riprese, nel corso della campagna elettorale, come un burattino di Berlusconi, un razzista, un ladro e, ironicamente, anche come un bugiardo.
Come travolti da una valanga, altri personaggi della politica nostrana hanno deciso di partecipare a questo spettacolo patetico, su tutti l’ex segretario del Partito Democratico Matteo Renzi, che, pur di continuare la propria crociata contro il MoVimento, ha spazzato via le ultime briciole di credibilità rimastegli, mettendo più volte in difficoltà anche il neo segretario Maurizio Martina.
Non ha mancato la sua partecipazione anche lo stesso Matteo Salvini, capace di rompere e ricostruire l’alleanza con Forza Italia nel giro di poche ore.
In quella che sembra una commedia di Christian De Sica, ed invece è la politica italiana, non manca, tra le altre, la stampa come protagonista principale: al via, dunque, le caccie alle streghe sui giornali ed in televisione, il cui unico risultato è ancora una volta quello di confondere le acque.
L’unica vera vittima di questo grande dibattito, è ovviamente il popolo, che esprime sempre più ferocemente il proprio dissenso nei confronti degli artefici di questo teatrino: le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, infatti, hanno raccolto un impietoso 49,65% di affluenza, perfino minore rispetto al 2013.
Per Salvini, vincitore con uno straripante 57,10%, però, si tratta di una vittoria assoluta, testimone dell’importanza della Lega e simbolo di un cambiamento radicale nella scena politica italiana, quando l’unico vero cambiamento sembra essere quello della disillusione e della delusione delle persone. Un malcontento che cresce nelle strade e si manifesta nelle cabine elettorali, così forte ed aggressivo che per vederlo è sufficiente non chiudere gli occhi.