
È tempo di vacanza e di svago, è tempo di cercare su internet le destinazioni che più ci ispirano e poi, chissà, magari ci piace commentare sui social quanto desideriamo andarci, oppure ci piace condividere il prezzo del volo o del pacchetto. Attenzione, però, fanno notare da federprivacy (http://www.federprivacy.it/), perché le compagnie aree e i siti che vendono pacchetti per le vacanze adottano delle strategie di marketing che mettono a repentaglio la nostra privacy e che ci fanno pagare di più del dovuto, come il Dynamic pricing.
Questa strategia di pricing consente alle aziende di impostare in modo flessibile i prezzi dei beni o dei servizi, tenendo conto delle oscillazioni della domanda e degli altri fattori esterni che incidono in quel particolare mercato. Per fare un esempio, le compagnie aree considerano nelle strategie di pricing anche il meteo, il numero di giorni che mancano alla partenza, il numero di posti a disposizione, e così via dicendo; in questo senso, gli stessi siti che forniscono voli come quelli che offrono pacchetti vacanze, oppure quelli di vendita al dettaglio o di biglietti per incontri sportivi, fanno uso di tutte le tracce che lasciamo sul web come i cookie, i web analitics per determinare il prezzo e dunque tutti noi possiamo, in definitiva, incorrere in prezzi anche più alti, qualora magari in rete abbiamo lasciato a terze parti dati personali, o la posizione geografica, il grado di istruzione o la lingua parlata etc.
Secondo indagini fatte da prestigiosa stampa americana (vedi per esempio l’articolo su Forbes di Greg Petro 17/04/15), alcune compagnie come Orbitz il portale di viaggi e prenotazioni online, Safeway catena di alimentari e anche la catena Staples hanno praticato il dynamic pricing. E qui in Italia com’è la situazione?
Secondo Federprivacy, i prezzi resi flessibili attraverso la combinazione di algoritmi che calcolano i cambiamenti della domanda e dell’offerta e che tiene conto dei prezzi praticati dalla concorrenza, insieme alle tracce lasciate sul web, ai dati della profilazione, posizione geografica, grado di interesse verso il prodotto che si vuole acquistare, possono produrre un aumento dei prezzi del 30%.
Fanno riflettere i numeri del fatturato annuo del mercato digitale del turismo che vale 9,5 miliardi annui e ancora di più che le aziende che ricorrono al dynamic pricing possano nel breve periodo aumentare i profitti in media del 25%.
Quali contromisure adottare per mettere a riparo la nostra privacy e non pagare quello che non si deve?
Può essere utile ricordare alcune preziose regole da rispettare come cancellare spesso la cronologia del browser, negare il consenso all’uso dei cookies, usare un po’ più spesso la navigazione anonima, e controllare sempre le condizioni di garanzia sul prezzo che si paga.
In ogni caso giova ricordare che anche in contesto europeo il nuovo Regolamento Ue 2016/679 permette questo genere di profilazione degli utenti ma solo dietro il loro esplicito consenso.
Laddove, però, le tariffe praticate su internet sono ritenute sleali a tutti gli effetti c’è l’Antitrust che può comminare multe fino a 5 milioni di euro, mentre con il nuovo Regolamento Europeo il Garante per la Privacy potrà multare addirittura fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato delle aziende che hanno contravvenuto.