
Quando tutte le parti di un meccanismo si incastrano a perfezione, restituendo un quadro di insieme armonico e incisivo, allora sì che uno spettacolo si può definire riuscito. Questo è quanto accaduto sul palco del Bellini con la prima di “The Pride” dal testo di Alexi Kaye Campbell, con Luca Zingaretti, che firma anche la regia, Valeria Milillo, Maurizio Lombardi e Alex Cendron.
Brillante, ironico, ben ritmato, il testo dello spettacolo è ben costruito, cucito addosso come un abito su misura agli attori che lo indossano a perfezione. La rappresentazione ruota attorno l’alternanza temporale e di scena di due storie distinte, che si svolgono in periodi diversi, il 1958 e il 2015, ma unite dalla presenza degli stessi attori e delle stesse tematiche, seppure, affrontate in modo diverso.
Una sorta di sliding doors teatrale, da un lato Philip, Oliver e Sylvia nel salotto borghese degli anni ’60, con tappeti ben spessi ad arredarlo, sotto cui nascondere l’onta dell’omosessualità, dall’altro sempre lo stesso trio, questa volta però nel 2015, tra parrucche e lustrini di un Gay Pride e un parco in cui lasciare, infine, spazio alla naturalezza dei sentimenti.
Come esplorare l’amore in tutte le sue forme, senza cadere nella retorica o nelle facili dietrologie da talk show? Non è facile ma Zingaretti, assieme ai validissimi attori che dividono con lui la scena, ci riesce e convince il pubblico in sala, attraverso un approccio intelligente, attraverso una recitazione ben misurata, attraverso la poetica delicatezza di un uomo messo davanti le sue paure, dubbi e incertezze: quale è il prezzo da pagare nella vita per essere felici? La posta in gioco è alta, ma vale sempre la pena arrivare al traguardo.