
Sono passati più di quarant’anni dalla prima edizione del film di Norman Jewison, il regista ebreo che seppe dare al suo film quel senso di trascendenza che appassionò i giovani del tempo e che continua a coinvolgere le generazioni successive. Perché, a differenza di quanto di solito avviene in pellicole che si confrontano col sacro, quell’insieme di canti e di musiche, di danze e di preghiere dove la messinscena, nel finale, diventa realtà, è nato in un momento di felice creatività di tutta la troupe, della quale è superfluo analizzare i motivi.
Il musical che trionfò a Broadway sembrò fondere nello splendore delle musiche e delle scene tutte le promesse e le idealità dei giovani del tempo, il loro rifiuto per la guerra, il loro dissenso dalla cultura istituzionale, la loro avversione per le armi, il diritto ad invocare pace e libertà contro ogni guerra, ogni violenza. La rock opera di Andrew Lloyd Webber, tradotta in film da Jewison, ebbe come protagonisti Ted Neeley, Carl Anderson, Yvonne Elliman e Barry Dennen, e ritorna oggi nella ventennale versione di Piparo nei teatri di tutta Italia. Scomparso Carl Anderson-Giuda, al Sistina lo spettacolo ha riunito gli altri tre protagonisti, ma Feysal Bonciani è stato un Giuda che non ha fatto rimpiangere, se non umanamente, il grande Anderson.
Nell’attuale spettacolo, andato in scena, al teatro Augusteo di Napoli, Ted Neeley è il solo interprete del film degli anni Settanta e ancora si cala, ogni sera, nella parte di Cristo con una passione che coinvolge il pubblico in una commossa partecipazione. Di là dalle mode, lo spettacolo sull’ultima settimana di Cristo comunica ancora il suo messaggio agli spettatori di ogni età e continua ad operare i suoi miracoli.