

Passato il tempo dell’Avvento, quello che si affaccia dalle finestrine dei calendari per bambini, siamo alla mezzanotte del 24 dicembre, in fila in ordine di età, ad appoggiare sul presepe un Bambino che in questa data, da duemila anni, continua a rinascere e consente al tempo di prendersi una pausa. Ai dodici rintocchi della notte più dolce dell’anno, la vita chiede una sosta e il tempo magicamente acconsente e chiede agli scienziati un po’ di meritata vacanza da sé stesso. Perché mai come in questa notte la duplice visione greca del tempo, kronos quantitativa Kaipos qualitativa, chiedono di credere alla loro verità.
Se Kronos, il Tempo quantitativo è il dio insaziabile che divora sé stesso nei suoi figli, stanotte vogliamo per un’ora far posto a Kairos, il tempo qualitativo, quello delle pause e dei ritorni, dove si alternano vita e morte, bene e male, la fortuna e la sfortuna di uomini, popoli e nazioni, ma che consente alla vita la sua ciclicità, e quindi la sua eternità. Dinanzi a questa greppia riscaldata dai fiati e dalla fede, sostano pastori e pescatori, zingari e cuochi, vinai e bottegai e tre Re di terre misteriose con i loro doni allegorici, tutti immobili, colti dall’incantesimo di una nascita misteriosa. La stella che si è poggiata sulla Grotta ha fermato la corsa di Kronos per far largo al tempo dei ritorni, e lasciare che tutto si plachi in quest’ora di bellezza e d’amore, sospesa sulla meraviglia di una nascita che torna ogni anno, rinnovando il miracolo.