
Terza puntata della nostra rubrica, che fa il punto sulla terza giornata della serie A e la quarta di B.
Le cose per le due campane procedono in maniera diversa, meglio per l’Avellino e peggio per il Napoli. I lupi di mastro Rastelli vanno a vincere sul campo affatto comodo di Littoria, cosiddetta Latina, in rimonta e fra la meraviglia compiaciuta dei propri stessi fedeli. I ciucci (intesi come simbolo del Napoli) di zio Rafelone vanno a perdere sul campo in rifacimento di Udine, fra la meraviglia infastidita dei propri fedeli. In classifica, quindi, i verdi si ritrovano ad un quarto posto affollato, gli azzurri invece si ritrovano ad un dodicesimo posto affollato, già sei numeri sotto le migliori Juventus e Roma.
Rispettando sempre la cronologia degli eventi, approfondiamo prima la vicenda degli irpini corsari in Agro Pontino nel vecchio stadio “Francioni”, lascito del ventennio come del resto quasi tutto ciò che lo circonda.
Alla vigilia della partita, Rastelli mitologista diceva al suo popolo che l’incontro fra Latina e Avellino poteva paragonarsi al biblico duello di Davide contro Golia. Esagerazioni di studiosi di pallone che si prendono troppo socialmente sul serio e che mettono personalmente le mani avanti, epperò sul campo la profezia della zazzera più scolpita della cadetteria forse ha trovato modo di realizzarsi, o forse no, sarà il prosieguo del romanzo a dircelo. Fatto sta che i ragazzi del profeta Massimo (Rastelli), effettivamente parati a interpretare la parte di Davide, hanno fatto fuori il (molto) presunto Golia con astuzia e coraggio, ma hanno pure cercato di combattere alla pari del (molto) presunto gigante di casa, riuscendoci bene e a tratti con buone trame. Quasi subito in svantaggio causa indecisione del portiere nero, gli undici dell’Avellino hanno utilizzato nervi e perizia innanzitutto per non subire un altro gol, poi per farlo un gol e infine pure per passare in vantaggio, senza mai cedere troppo campo ai locali in prevedibile smania di vittoria data per troppo sicura. Anche un po’ di presunzione degli uomini in divisa nera(azzurra) ha contribuito alla buona resa di quelli in bianco da trasferta, e l’allenatore dei locali Mario Beretta (seconda zazzera della cadetteria) dovrebbe probabilmente riflettere sulla poca attenzione riservata ai mezzocampisti e agli attaccanti avversari, quasi tutti piedi buoni e pure freschi di polmoni.
Orbene, dopo sei minuti dall’inizio una goffaggine di Gomis su punizione maligna calciata dal figlio d’arte Viviani con la metodica di Pirlo, consente all’ex Sforzini di segnare nel parapiglia seguente alla corta respinta. Uno a zero per i miliziani di casa, ma i ribelli ospiti cominciano giocoforza a liberarsi di timori e timidezze, a prendere metri e misure ai camerati, a mettere la palla in terra per farla alzare solo quando si intravede un attaccante libero da marcature. Nella propria linea avanzata, Rastelli non tollera l’andatura svagata di Arrighini e lo toglie senza complimenti dopo soli ventisette minuti di cimento, mettendo dentro il più battagliero Gianmario Comi, figlio d’arte pure lui e somigliante nel fisico e nel portamento prestipedatorio al papà Antonio. Gigione Castaldo trae beneficio dalla mossa e comincia a reagire alle angherie dei difensori del Latina, supportato da Gianmario che si dispone a dividersi il lavoro con lui. Così Gigione prima ne fa uno che viene annullato forse senza motivo e poi, al minuto 44, fa una grande cosa: ferma di petto in bella posa un lancio di Eros Schiavon e contemporaneamente fa cadere di fisico l’avversario che vorrebbe ostacolarlo, aspetta che il pallone scenda all’altezza giusta e al volo di collo destro lo canna sul guardiaporta Farelli che può solo ripararsi il volto. Gigione corre baldanzoso verso i suoi tifosi al seguito e il riposo sul pareggio genera l’attesa di un secondo tempo da vivere.
Tuttavia la seconda parte comincia in maniera non dissimile dalla prima, Latina arrembante e Avellino barcollante. L’attaccante pontino Andrea Petagna, nipote d’arte, manda nella curva inagibile un suggerimento della finta ala brasiliana Angelo, mentre sull’altro versante Arini in contropiede non riesce a concludere l’azione con un tiro ravvicinato che avrebbe costretto Farelli a pregare e nulla più. Nel frattempo il comandante Rastelli sostituisce l’ambiguo mancino Zito con il giovane mancino Visconti, e segnaliamo il fatto non solo perché Zito è stato l’acquisto più importante del mercato estivo avellinese eppur finora spesso sostituito, ma in special modo perché un tiro franco ovviamente mancino del giovane subentrato provoca la respinta centrale di Farelli e la ribadita in gol dello stopperino colombiano Vergara all’esordio stagionale. Avellino avanti a tre quarti di partita e Latina intronato al pari della sua adunanza. Il maresciallo Beretta, intronato pure lui, toglie il vecchio difensore genovese Cottafava per un giovane assalitore preso dalle colonie e chiamato Doudou. Prima di subire il gol l’ufficiale milanese già aveva messo dentro un altro assalitore di riserva, Paolucci, in luogo del deludente Petagna. Rastelli invece non estremizza difensivamente l’assetto limitandosi ad avvicendare il terzino d’area Pisacane con il terzino di fascia Bittante, che però nella circostanza svolge lavoro di mischia centrale. La tenzone diventa inevitabilmente assalto contro trincea, e la spunta la trincea, nel senso che la brigata di Avellino riesce, anche con buona compostezza, a non farsi pareggiare il gol di Vergara e a vincere la prima in trasferta. La campagna laziale dei verdi di Irpinia continua stasera in Ciociaria nell’arena di Frosinone. Avanti con un’altra vittoria! Ma pure un pareggio “male non fosse”…
Passando alle sorti più chiacchierate del Napoli, notiamo che la prestazione del gruppo di Benitèz allo stadio Friuli di Udine ha sorpreso tutti gli osservatori locali, quelli neutrali, quelli onestamente di parte e quelli smaccatamente di parte. Innanzitutto ha sorpreso la formazione messa in campo dallo spagnolo, con almeno quattro rincalzi di cui uno, Britos, probabilmente fuori ruolo. Giù critiche a zio Rafelone per la sua scelta di dare precedenza tecnica alla coppa Uefa (a noi piace chiamarla ancora così) rispetto al campionato. Ma se uno è di respiro internazionale le sue scelte vanno di conseguenza, o no? E poi a nostro parere Rafelone non ha neanche sbagliato a schierare i migliori nella coppa, perché nella coppa non si poteva sbagliare la partita casalinga contro lo Sparta di Praga, essendo il girono di coppa lungo soltanto sei partite, mentre il campionato è lungo assai di più e difficilmente alla portata degli azzurri almeno per quanto riguarda le primissime posizioni. Rafelone l’ha capito benissimo, che la sua squadra quest’anno dovrà lottare per lottare fino alla fine per il terzo/quarto/quinto posto in campionato, e nella contingenza difficile avrà preferito garantirsi una vittoria in Europa anche a fronte di un rischio da prendersi sul fronte interno. Il fatto è che in Italia la critica pallonara si sprovincializza solo quando ciancia di Champions League, come se i denari della “cempionz” andassero nelle tasche sue, della critica, e non in quelle loro, dei padroni dei vapori. Anche i tifosi, spiace doverlo notare, sembrano obnubilati dal mantra mediatico sull’importanza esclusiva della coppa europea più ricca e così non comprendendo il fascino e la valentia tecnica di quella meno ricca ma non per questo meno bella. Tifosi del Napoli e di tutte le squadre, ma che ci frega a noi della cempionz?! Tanto lì se non si ha una corazzata si va fuori al primo turno, invece nella lega europea possono giocarsela molte squadre, turche, danubiane e italiane comprese, così dando al torneo un marchio di democratica partecipazione nonché un tocco di esoticità che rende il calcio di club ancora un gioco e non uno scontro fra fatturati.
Tornando alla partitaccia di Udine, il Napoli ha perso ma evidentemente, come contro il Chievo al San Paolo, la sconfitta è stata eccessiva, immeritata, per quanto non inspiegabile. Semmai preoccupa la difesa della squadra partenopea, battuta su un pallone proveniente da punizione centrale dalla trequarti che una difesa seria non farebbe nemmeno sfiorare agli avversari. Invece i difensori di Benitèz, Koulibaly in testa, fanno un frittatone e assistono l’omologo avversario Danilo che segna facile. Qualcuno se l’è presa pure col portiere Rafael, reo di non uscita sulla punizione di cui sopra, noi ci limitiamo a metterlo nel calderone dei difensori con il suo concorso di colpa. Anche il centrocampo del Napoli ha giocato con mestizia, e se il meno peggio è stato Gargano vuol dire che gli altri non solo non hanno contrastato ma non hanno neanche costruito. Proprio il corridore uruguagio ha timbrato un palo nel primo tempo con un destro elegante, ha corso per due come al solito e ha pure tentato di fare l’Inler della situazione. Sinceramente troppo per le possibilità di Gargano, privo pure del cognatino Hamsik tenuto in panca per tutti i novantacinque minuti di gioco. In avanti poco da segnalare, punte in movimento ma senza appoggi e senza mutui aiuti; Insigne fumoso, Higuain nervoso, Michu misterioso. Neanche il facilmente ambientabile Mertens è riuscito ad affondare nella retroguardia avversaria nei venti minuti che l’allenatore gli ha concesso. A irretire ancora di più la manovra della squadra azzurra ha poi provveduto Stramaccioni, giovane stracatenacciaro dell’Udinese. Sei difensori, due terzini di fascia (e fanno otto difensori), due centrocampisti e una punta, il venerando Di Natale abbandonato alla sua gloria: questo il semplice schieramento tattico dell’Udinese. Magari con un golletto si poteva sturare l’ammasso di corpi in stallo davanti al portiere greco Oreste Karnezis, molto bravo su un sinistro di Callejon subito dopo un altro di Higuain, ma Eupalla in questo periodo non deve vedere di buon occhio il Napoli. In queste ore il principale accusato dalla reazione pallonar/napoletana che rialza la testa sembra essere Rafelone, ma noi siamo ancora dalla parte dei giacobini.