
Nell’estate di guerra del 1941 nasce a Palermo
Marcello Dell’Utri. Poco si sa della sua famiglia e della sua prima giovinezza, se non che dopo aver conseguito la maturità classica nella città della conca d’oro si trasferisce a
Milano per compiere gli studi di giurisprudenza all’Università Statale. Certo, considerati gli studi scolastici “alti” e la scelta dell’università, Marcello non deve venire da una famiglia disagiata. A Milano conosce un simpatico collega di studi,
Silvio Berlusconi, che lo aiuta a superare lo choc del passaggio dal profondo sud al profondo nord. Deve essere per entrambi un sincero colpo di fulmine, che col tempo si dimostrerà più di un colpo di fulmine fino a celebrarsi in matrimonio indissolubile solo interrotto qua e là da qualche crisetta passeggera. Il primo ruolo di Marcello nelle aspirazioni di grandezza di Silvio è quello di allenatore della squadretta di calcio sponsorizzata da quello, il
Torescalla. Ma un lavoro serio il dottore dell’Utri deve pur trovarlo, così si trasferisce prima a
Roma e poi a
Palermo. Dopo nove anni di giri (si dice finanziati dall’
Opus Dei) fra la capitale d’Italia e quella della Sicilia, Marcello, che nel frattempo ha fatto carriera diplomatica negli ambienti siciliani che contano e carriera professionale nel settore del credito agrario, torna a Milano su romantico invito di Silvio, che si ricorda di quel collega universitario così meticoloso nello studio a differenza sua che preparava gli esami al momento ascoltando le ricorrenti domande dei professori, segnandosi le risposte e quindi arricchendole di sue teorie per imbonire (quando si dice il talento precoce) i professori. Marcello viene chiamato per lavorare alla
Edilnord, la neo nata azienda di costruzioni di cui Silvio è socio accomandatario e che viene finanziata da una piuttosto misteriosa finanziaria svizzerotta amica della banca milanese in cui lavora
Berlusconi padre.[divider]

Il resto della storia d’amore è più o meno noto alle cronache e alla storia contemporanea di questo Paese. Silvio inizia l’edificazione del suo impero e Marcellino, come lo chiama affettuosamente il capo, tratta, ammorbidisce, espropria ville a nobili un po’ in disgrazia, studia i tipi umani, ingaggia giovani virgulti molto pregiudicati per difendere il capo dai rapimenti, pressa con discrezione vari vertici ministeriali, colleziona libri, fonda centri culturali, consiglia a Silvio di iscriversi ad un esclusivo club di rito scozzese, organizza la nascita della società di pubblicità di Silvio suddividendola in ventidue pezzi fra loro incomunicanti, organizza il cazzeggio televisivo privato, organizza la diversificazione degli investimenti e della scalate, organizza incontri ai massimi livelli fra Silvio e gli amici siciliani e garantisce contratti sinallagmatici fra le parti. Ha pure una sorta di alter ego, meno istruito di lui eppure più manieroso e ben più visto dalla buona borghesia milanese, si chiama
Fedele Confalonieri e Marcello ne sarà sempre invidioso.[divider]

Intanto, all’inizio dei ’90, troppe operazioni disinvolte stanno portando la situazione finanziaria di Silvio al collasso, la guardia di finanza sta cominciando a indagare, le banche a esigere. I giudici milanesi azzerano democrazia cristiana e partito socialista, l’amico
Craxi in vacanza tunisina non può più garantire le concessioni televisive e i comunisti di
Occhetto si trovano quasi senza volere a un passo dalla vittoria elettorale e dal far saltare all’aria tutto l’impero di Silvio. Ed ecco allora il capolavoro di Marcellino. In due mesi pensa e fonda un partito inesistente, senza padri e senza idee, trova un nome che costringe
Bruno Pizzul a cambiare l’incitamento del calcio d’inizio alle partite della nazionale di calcio, ne organizza la propaganda, i candidati, le vallette, le colonne sonore, trova i soldi e pure i voti. E’ il tempo della “
discesa in campo” e de “
L’Italia è il Paese che amo”, attacco dei nove minuti di messaggio televisivo di Silvio agli italiani che cambiano definitivamente la capoccia degli italiani e diventano subito mitologia della propaganda politica del Paese, incazzato nero con i vecchi partiti e sognante il “
nuovo miracolo italiano”. La creatura politica di Marcellino vince le elezioni, i comunisti vanno in totale crisi di identità e Silvio è salvo, di più, finalmente in groppa al Paese. E l’ingroppamento dura da venti anni…[divider]

Marcellino ormai è promosso sul campo primo plenipotenziario di Silvio, dice e può tutto, e sempre mantenendo quell’innato riserbo siculo dispone del partito come fosse roba sua. Nel 1
995 viene arrestato a Torino (non mancheranno altre imputazioni, condanne e assoluzioni, impossibile ricordarsele tutte…) con l’accusa di
inquinamento delle prove nell’inchiesta sui fondi neri di Publitalia; presto a questa accusa se ne aggiunge un’altra ben più perniciosa da
Palermo,
per mafia. Nell’aprile 1996 arrivano salvifiche nuove elezioni, Silvio in teoria le perde ma già sa che il nuovo governo non durerà, e poi la cosa importante è che Marcellino diventa deputato e marameo ai giudici che non possono più arrestarlo. Per sua stessa ammissione, a
Dell’Utri il bibliofilo la passione politica gli viene solo per non finire al gabbio. In seguito Marcellino si farà un po’ di parlamento europeo e poi il senato italiano. Nel 2013 il ritiro dalla scena politica parlamentare: l’aria nel Paese sta cambiando,
Beppe Grillo imperversa costringendo tutti a non presentare candidati condannati e indagati e Silvio deve adeguarsi per non prendere una scoppola dagli elettori. Marcello è invecchiato, non ha più la prontezza e l’alacrità degli anni ruggenti, si è pure fatto affibbiare una patacca di falsi diari di
Mussolini pagandoli dodici milioni di euro, e comunque una condanna per mafia non gli eviterebbe più il carcere anche se dentro il parlamento. E’ l’inizio della latitanza per Marcellino, prima latitanza dal nuovo cerchio magico di Silvio, e poi, abbandonato da quasi tutti gli amici di una volta, latitanza vera, pensata e quindi praticata al momento opportuno. Oddio, Silvio non si dimentica del suo (ex) indispensabile segretario e c’è chi dice che lo imbottisca di soldi per latitare con decoro…[divider]

Venendo alla cronaca recente, già nella seconda metà di marzo scorso Marcellino “mafia e vino” (come irrispettosamente viene spesso chiamato sulla rete) diventa irreperibile, fino all’undici aprile quando la
Corte d’appello di Palermo (nuovamente giudicante dopo l’annullamento in cassazione della condanna a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa)
lo dichiara ufficialmente latitante. Infatti viene emessa una notifica di custodia cautelare in carcere e delegata alla
D.I.A. di Palermo, che però non riesce a trovare il destinatario della simpatica missiva. Lo hanno ritrovato sabato scorso in
Libano, paese dei cedri, a
Beirut, città tipica da romanzo di spionaggio internazionale; a
Beirut l’avevano mandato amici siciliani e soprattutto
Gennaro Mokbel,
quello del riciclaggio di Telecom-Sparkle-Fastweb,
delle amicizie con la banda della Magliana,
della fede nera e delle origini libanesi. Nel romano, chiacchierato e mondanissimo ristorante di pesce “Assunta Madre”, frequentato pure da Marcellino, le intercettazioni ambientali disposte dalla squadra mobile di Roma avevano svelato un bel piano romanzesco dei
fratelli Dell’Utri (Marcellino e Alberto), che addirittura avrebbe dovuto portare Marcello in
Guinea Bissau filando una ragnatela di uomini potenti, ex capi di Stato e funzionari corruttibili. Anche
Mokbel il nero avrebbe dovuto raggiungere Marcellino a Beirut e lì salpare insieme per l’Africa nera. Epperò Mokbel viene anticipato, o si fa anticipare, da poliziotti italiani e libanesi in irruzione all’
hotel Phoenicia, la più lussuosa clinica privata di Beirut stando alle dichiarazioni rese da Marcellino che dice agli “zenigata” di trovarsi lì per farsi operare al cuore…[divider]

Un romanzo breve questa latitanza, che ufficialmente è durata ventiquattro ore. Marcellino infatti ha usato con troppa disinvoltura telefono cellulare, carte di credito e altri strumenti tracciabili, ma lui è uomo d’altri tempi, di libri e di penna (e di lupara?), che ne poteva sapere delle diavolerie di adesso?…In Italia intanto il
ministro dell’Interno Angelino Alfano dà trionfalmente la notizia della cattura di Marcellino, e il suo tradimento di Silvio assume forse una veste definitiva e “vichiana”: il ministro della giustizia preferito di
Berlusconi, quello dei lodi e del legittimo impedimento e che non aveva paura di fare figuracce con la
Corte Costituzionale, annuncia al mondo la cattura del suo (di Berlusconi) amico più vecchio mentre anche lui (Berlusconi) con la giustizia non se la passa tanto bene. Sono proprio i corsi e i ricorsi storici.[divider]Attenzione però! Un nuovo capitolo del romanzo si sta aprendo e dovrà raccontare del rimpatrio di
Dell’Utri sulla base delle norme di estradizione sancite da
Italia e Libano nel 1970 (in vigore dal 1975), nonché sulla strategia di difesa da adottare in un altro processo in cui il povero Marcellino è imputato, quello sulla
trattativa Stato-mafia. Ma una cosa per volta, la definitiva sentenza in cassazione (per concorso esterno) infatti, inizialmente prevista per martedì scorso, è stata rinviata al 9 maggio su richiesta dei difensori di Dell’Utri per motivi di salute; adesso il cuore malato, colto da improvviso malessere, si è fatto ricoverare in un ospedale di
Al Hayat. Il 12 maggio scadrà il fermo provvisorio a cui Dell’Utri è stato sottoposto e forse emergeranno nuove trame per capire il motivo della fuga in un Paese straniero con cui l’Italia ha un vecchio accordo in fatto di estradizione. E se fossero state proprio le capziosità di questo accordo fra Stati, non sempre adattabile alle tipologie di reati previsti dai diversi ordinamenti, a spingere Marcellino il siciliano a diventare “il libanese”?…