
La serie B compressa dell’ultima settimana completa il suo trittico di inizio primavera. Ormai le posizioni si delineano con nettezza, le ambizioni escono dai non-detto e le frustrazioni cominciano a non essere più ammantabili di scuse. Alla trentaduesima giornata non si può nascondere più nulla, né la voglia di provare a volare né quella di provare a non sprofondare. Avellino e Juve Stabia, le campane d’annata, vogliono provare ciascuna a modo proprio i due modi estremi di vivere la lunga fine di questo estremo campionato.
La Juve Stabia, ridotta ai minimi termini da infortuni e squalifiche, va giocarsi il solito contegno sul campo dell’Empoli secondo in classifica. In realtà la seconda per numero di punti fatti è il Siena, la cui penalizzazione però la retrocede al quinto posto, e l’Empoli effettivamente appare un gradino sotto al Siena per organico e solidità sbrigativa di squadra. Ma dicevamo della Juve Stabia…Il comandante Braglia arrangia una formazione da opporre a quella di Sarri e riesce perfino a non fare brutta figura, anzi, nel primo tempo i suoi ragazzi trotterellano il cuoio più serenamente dell’Empoli; pur subendo il gol dei locali su inconsueto errore del portiere Benassi (e conseguente profitto del goleador Tavano), pareggiano i conti alla fine del tempo con un sinistraccio da fuori di Zampano. In mezzo altre opportunità per le vespe in bianco e tante difficoltà per gli azzurri in azzurro. Vuoi vedere che Braglia nell’emergenza assoluta ha trovato la quadratura del cerchio? I suoi undici raffazzonati infatti sembrano una squadra vera: la difesa tiene botta agli offensivi dell’Empoli, il centrocampo di centrocampisti sperimentali filtra tanti palloni come mai si era visto negli ultimi sette mesi, e l’attacco ronzante intorno al bravo Doukara sfruculia spesso le corna (sportive) di Bassi portiere di casa. Si va al riposo sul pareggio (1 a 1), epperò pure con la sensazione quasi certezza che nei secondi tre quarti d’ora per le vespe ci sarà da soffrire il sicuro sfogo nervoso dell’Empoli. La facile profezia non tarda a realizzarsi, e la seconda parte del confronto diventa una sfida purtroppo squilibrata fra chi deve vincere perché sa di essere più forte e chi può anche accontentarsi di perdere bene perché sa di essere inferiore. La mossa tattica decisiva di Sarri appare comunque la mandata dentro di Samuel Pucciarelli in luogo di Verdi. L’Empoli così ne guadagna in corsa e sostanza, e le vespe sociali in campo non hanno buoni esemplari individuali per succhiare energie al nuovo entrato. Lo stanziamento degli azzurri dentro o nei pressi dell’area di rigore di Benassi diventa costante, asfissiante. Bohemien Braglia con occhiali scuri e scamiciata bianca si sbraccia in panchina per far uscire i suoi dall’assedio, ma ormai intervengono solo randagi colpi di fortuna a salvare la pellaccia degli stabiesi. Un colpo buono però assiste anche l’Empoli che, sfruttando una (auto)carambola fra i difensori della Juve Stabia, segna il gol del vantaggio con una fucilata di Maccarone sotto la traversa. Siamo al minuto 71’, ma la partita finisce qui. L’Empoli non scherza più con il proprio mandato a vincere e lo Stabia neanche ci prova a ribellarsi.[divider]
Ad Avellino piccola città (“che, sana o no, un’anima però ce l’ha” imprestiamo dal primo Ligabue) va in atto il delirio ultras/squadra e tutto rischia di andare a carte quarantotto. Ma è solo un’allegra bisboccia, buona per movimentare un po’ la situazione. Infatti la boutade finisce presto (troppo presto, potevano farci divertire un altro po’) e tutto l’ambiente si ricompatta a reti locali unificate in vista dell’impresa. Già, perché anche se (quasi) nessuno lo dice chiaramente, la verità è che i tifosi ormai vogliono provarci a fare l’impresa, e sennò che razza di tifosi sarebbero?…I fischi (a ispirazione della boutade) rientrano nel modo antico e goliardico di tifare del popolo irpino di tribuna piccolo borghese (e di proletarissima curva nord, quando ancora era aperta), per fortuna non ancora omologato alle mode del “comunque vada” e del “british style of incetement” che è roba per pischelli tatuati.[divider]
Brevemente i fatti. Verso la fine del primo, noioso, tempo di Avellino–Cittadella alcuni (quantificarli è complicato) paganti della tribuna Terminio fischiano amabilmente la squadra, fischi a cui risponde a gesti poco delicati il capitano Millesi. Finisce il primo tempo zero a zero, se ne commenta la bruttezza nell’intervallo, si gioca il secondo, l’Avellino (stimolato e incazzato dai fischi) vince con un gol di Castaldo dai gol solo impossibili e, dopo il triplice fischio, la squadra ferita nell’orgoglio non risponde all’invito della curva sud di andare a festeggiare la vittoria sotto la sua chiesa. Apriti cielo! La curva ribolle di sorpresa inaspettata, gli ultras in corteo si riversano davanti al cancello di uscita della squadra e lì comincia l’ingovernabile concertazione degli offesi. I giocatori offesi dai fischi della tribuna, gli ultras di curva offesi dalla reazione dei giocatori (offesi) ai fischi di tribuna. Mastro Rastelli (offeso pure lui) intanto si scatena in conferenza stampa post-partita contro le performance sibilanti del pubblico, elencando a discolpa del suo gioco sparagnino i piazzamenti dell’Avellino negli ultimi quattro/cinque campionati di serie B (tutti finiti in retrocessioni) e, in risposta ulteriore ad una timida e veloce esortazione della curva alla squadra a tirare fuori le palle, pubblicizzando come neanche Renzi avrebbe fatto meglio i “gioiellini” dei suoi calciatori. Ci sarebbe tanto da commentare, soprattutto la voglia “baumiana” di strapaese comunitario che emerge in vista delle elezioni europee. Ma quale 3% volete!?…Ma limitiamoci al gioco. E in questo gioco evidentemente esiste ancora un baluardo contro gli idioti urlatori delle tv a pagamento, contro gli allenatori top-manager che invece di palle e garretti parlano di fatturati e di quantità inimmaginabili di soldi, contro le boiate degli arbitri di porta, degli attaccanti di twitter e degli ultras di feisbuk. Viva il pubblico fischiante allora! Viva gli ultrà senza grilli per la testa, viva le zuffe verbali fra tifosi e calciatori con i carabinieri a guardare divertiti. Viva Rastelli andrologo e viva Rastelli catenacciaro. Viva quelli che fin quando si vince va bene pure il catenaccio. Ma come non vinciamo fischiamo…E’ il pallone di provincia, bellezza. E senza di noi non sarebbe più pallone.[divider]
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