Avellino e Juve Stabia sembrano non voler uscire dagli equivoci. Anche nell’ultima giornata di campionato, la ventinovesima, le due campane non risolvono i loro tabù e danno motivi ai tifosi per recriminare una normalità di condotta senza licenze all’andirivieni di speranze concesse e poi tradite che ad ogni passo sembrano punteggiare il cammino dei lupi e delle vespe. Anche le vespe infatti, pur ultime dall’inizio, troppo spesso hanno dato l’impressione di voler trovare le forze per tornare a sperare, per poi, miseramente, capitombolare negli errori e nei limiti di una stagione sportiva anche sfortunata. Ormai per la
Juve Stabia sembra non esserci più alternativa alla ricaduta in terza serie, e forse il periodo di preparazione che già da un po’ sta precedendo la sentenza aritmetica potrebbe servire a riordinare le idee e a progettare la squadra del prossimo anno. Sappiamo benissimo che l’esercizio di programmazione dalle nostre parti ha un risvolto meramente teorico in tutti i settori della consorteria, figuriamoci nel calcio, ma noi ci proviamo lo stesso a esortare i dirigenti dello
Stabia a non buttare tutto a mare. Per l’
Avellino la faccenda è altra, si tratta di scegliere fra due modi diversi di vivere la primavera, con effetti diversi sul suo modo di stare al mondo e soprattutto sul modo di starci del suo popolo difficile.[divider]La
Juve Stabia, stupita e forse impaurita dall’orgoglio ancora tangibile dei suoi tifosi, affronta la seconda uscita consecutiva al
Menti, stavolta contro la
Ternana, compagine di media caratura e di basse aspirazioni. Nella
Ternana del siòr
Tesser gioca l’ex maledetto
Zito, e forse tanto basta ai tifosi stabiesi più accaniti per dare un senso in più alla partita.
Braglia ordina ai suoi il solito modo offensivo di giocare, e senza dubbio non può esserci alternativa all’idea dell’allenatore toscano di cercare la vittoria a ogni costo. Purtroppo, a inasprire quasi subito il contesto apparentemente amico, provvede il portiere
Benassi, impreparato su un calcio d’angolo dopo soli otto minuti e consenziente al vantaggio degli ospiti. L’iniziale clima da battaglia creato dalla
curva san Marco subisce un’altra botta di rassegnazione al quarto d’ora, quando il centravanti delle fere
Antenucci si inserisce fra i difensori stabiesi e infila di bel collo al rimbalzo il secondo gol della sua squadra. Non può esserci giustificazione a cotanto scempio per i nuovi attivisti dell’orgoglio gialloblù, che per prassi cominciano a fischiare e a contestare i propri rappresentanti. Il tempo sembra riproporsi e riverberare la partita contro il
Palermo. Ma la Ternana non è il
Palermo e consente allo
Stabia di reagire e di mantenere in vita il pathos di partita. Al minuto 39’ succede che il veloce
Sowe obblighi al fallo il difensore ospite
Farkas, che viene espulso dall’arbitro per assenza di compagni di movimento alle sue spalle. Sugli sviluppi della punizione
Lanzaro appoggia in rete come finalizzatore di uno schema semplice e mutuato dal calcetto. Un gol in meno ma un uomo in più per i gialloblù consentono ai contestatori di interrompere la manifestazione di protesta e accorrere in soccorso delle vespe in odore di rimonta. Finisce il primo tempo e tutti si aspettano un secondo di fiamma da parte degli scagnozzi di
Braglia. Il secondo tempo arriva epperò si manifesta poco nel fuoco stabiese della baldanza, tanto nella durezza salda del muro ternano col portiere
Brignoli a cavalcioni; mister
Braglia mette dentro
Di Nardo per
Romeo e gli assalitori di mestiere in campo diventano quattro. Proprio uno dei quattro, il francese
Doukara, a un quarto d’ora dalla fine si coccola un pallone nell’area avversaria e lo gira con perizia verso la porta del
Brignoli incolpevole. E’ il pareggio, ma potrebbe essere anche lo slancio verso la vittoria. Le vespe allora ci provano a mettere di nuovo il pungiglione nella carne delle fere, con tutte le forze e l’abilità a disposizione. Il terzino destro ternano
Rispoli però, bestia di ottima corsa e buona padronanza tecnica, trova un bel pezzo di tappeto libero su cui far correre un contropiede e fare alla
Juve Stabia il terzo gol del pomeriggio e il quarantanovesimo del campionato. Il resto è lamento. “
Non può esserci salvezza senza uno straccio di episodio a favore.” Non può esserci salvezza nemmeno se si perde in casa in superiorità numerica per cinquantacinque minuti contro niente di che.
Braglia lo sa e chiede ai giornalisti di non prendersi (e prenderlo) in giro parlando di cose poco realistiche. Il suo messaggio alla città raccomanda solo di non diventare gli “
zimbelli” del campionato.[divider]

Al
San Nicola di Bari, lo stadio astronave famoso più per le tangenti pagate per farlo atterrare che per l’epica pallonara vissutaci dentro,
l’Avellino dei sogni sempre più belli affronta il
Bari. Il
Bari Associazione Sportiva è ufficialmente
fallito in settimana, e i baresi vivono l’apparente dramma come una liberazione dalla famiglia che per trentasei anni ha gestito il club e limitiamoci al club. I
Matarrese’s hanno alfine lasciato fallire la loro creatura di utilità soprattutto politico/economica, e anche questo potrebbe essere un segnale dell’agognata rinascita cittadina. I baresi raccolgono l’invito del comitato di liberazione e si presentano in sedicimila. Anche nella piccola
Avellino ci sarebbe bisogno di una riverniciata di civiltà, intanto la squadra di pallone quasi per miracolo fa da tappabuchi civile. Più di mille gli schedati al seguito…Fuori dalla politica, i verdi di
Rastelli vanno a tentare il secondo colpaccio consecutivo nella casa dei bianchi (o rossi, mistero storico del
Bari) di
Alberti. Mastro
Rastelli presenta di nuovo la novità tattica della partita di
Empoli, segno che la trovata deve essergli piaciuta non poco. Solo che al posto di
Ladriere gioca
Ciano, e quindi il centrocampo è meno “
denso” e l’attacco più sfrontato. Nella prima frazione i lupi cadenzano bene le sortite e i galletti si salvano il collo in diverse circostanze. Il portierino
Guarna respinge almeno tre tiri ben assestati degli ospiti, e su uno di testa di
Galabinov si aiuta con la traversa interna che non porta il pallone a diventare gol per una legge della fisica a noi sconosciuta. Anche il
Bari in verità porta il suo puntero
Joao Silva ad accarezzare un palo della porta di
Terracciano, ma sembra niente più che una carambola fortuita. I lupi sono più forti e compatti del raggruppamento avversario, decisamente più veloci dei galletti che in alcuni duelli di fisico sembrano capponi castrati. Tanta generosità dei verdi, però il premio non arriva e i primi tre quarti d’ora finiscono di zero a zero. Il secondo tempo non è dissimile dal primo, per quanto il
Bari affronti la partita con minore timore, o forse è
l’Avellino a perdere pezzi di brillantezza e di facilità di corsa. L’atto sportivo diventa più equilibrato, ma tutto sommato sono sempre gli ospiti a cercare il gol con maggiore costanza. In particolare, un traversone ben fatto dalla sinistra sarebbe perfetto per armare il vecchio artiglio sinistro del subentrato
Biancolino, sbuzzare il galletto e mandare in brodo (di pollo e di giuggiole) i seguaci del lupo piazzati nella parte più lontana e tendente
all’Albania dell’astronave. Il tiro di
Biancolino è buono ma troppo pulito e centrale per annichilire il solito
Guarna. Così si arriva a dieci dal novantesimo con la razionale persuasione che sarà
l’Avellino a tentare qualche carichetta finale. “
Male che va ci prendiamo il pareggio”, è la riflessione collettiva del popolo biancoverde. Invece male che va becchiamo gol. Un bel gol di testa del portoghese
Joao Silva (una volta gli attaccanti portoghesi si chiamavano tutti Joao Pinto), sulla cui manovra di posizionamento in area non disturbano lo stringimento di due difensori irpini e il giallo fulgido di
Decarli; pure
Terracciano si tuffa ma non ci arriva. Non ci voleva.
L’Avellino accusa il colpo e non riesce a sfruttare i nervi per organizzare qualcosa.
Rastelli mette dentro il
Ladriere incupito dalla panchina ma ormai è tardi, il
Bari vince nella sua giornata di retorica e i suoi
ultras possono telefonare increduli ed eccitati agli amici di
Salerno…Nostalgia di pastette.