
[dropcap]C[/dropcap]’è una cosa, che più di ogni altra, sorprende di tutta questa storia dei rimborsi elettorali, finanziamenti ai partiti o qualsiasi sia il modo creativo con cui li si voglia chiamare per mascherare ciò che in realtà sono. Si tratta di quella surreale cecità che flagella qualsiasi esponente politico, di (quasi) qualsiasi partito. Non è questo il luogo per entrare nel merito della questione “finanziamento si o finanziamento no”, ci sono tempi e modi più adatti; E’ curioso però osservare come anche quando ci si trovi all’ultima spiaggia, anche quando il Paese sia allo stremo, in una pozza di tragico pauperismo, chi ha la possibilità di acquisire un privilegio (spesso immeritato), senza sforzo, non procrastini, non titubi, non esiti, anche solo un istante, fermandosi a pensare: “magari di questo posso privarmi, non è questione di vita o di morte”. Oggi, come già numerose volte, una mozione dei Cinque Stelle per bloccare la rata dei rimborsi elettorali di luglio non è passata grazie ai voti di PD-PDL-SC. Direte voi: “I problemi non si risolvono con qualche centinaia di milioni di euro restituiti”. Verissimo, ma nessuno può ugualmente negare che vedere restituire alcuni “spiccioli” (a volte anche qualcosina in più) faccia bene alla mente, faccia respirare lo spirito che annega in una rabbia incallita; come un momento di calma dopo il furore provocato dalla notizia dell’ennesimo scandalo regionale o parlamentare dove i rimborsi venivano usati per creme di bellezza, lap dance e viaggi. È un piccolo, a volte piccolissimo, palliativo, un placebo contro un virus che sembra devastare un paese in fase terminale.