
Il 5 luglio non è una data, come le altre, per i napoletani e per la città di Napoli. A distanza di ben 32 anni, quel 5 luglio del 1984, rappresenta, ancora, un dolce ricordo da custodire gelosamente e da tramandare ai posteri. Infatti, il Dio del calcio, un certo Diego Armando Maradona, si apprestava per la prima volta a calcare l’erba dello stadio San Paolo di Fuorigrotta.
Si capì, subito, che, in quel momento, la storia del Napoli sarebbe cambiata. Maradona, l’uomo venuto dalla zona più povera della periferia di Buenos Aires e divenuto il calciatore più forte di tutti i tempi, si catapultò immediatamente nella nuova sfida, affidatagli dal destino: restituire gioia ed affetto al popolo napoletano, da sempre succube di tante ingiustizie.
Il calcio, in quegli anni, rappresentava l’espressione massima del popolo italiano e pertanto si connotava anche di caratteri sociali e politici. Maradona, coadiuvato da una buona squadra alle spalle, riuscì a consacrare Napoli che divenne, in due circostanze, la capitale calcistica del bel paese. Quelle vittorie non furono solo sportive. Maradona, era invidiato da tutte le squadre italiane ed europee ed era richiestissimo anche dall’ acerrima rivale del Napoli, la Juventus. El Pibe De Oro, non se la sentì di tradire la propria gente che gli aveva dato tutto, sin dal primo istante. Inoltre, Diego divenne l’emblema del Sud che poteva vincere contro il Nord, quel Nord pieno di meridionali discriminati, quel Nord all’avvanguardia, quel Nord che denigrava e gettava fango, in qualsiasi circostanza, sui napoletani.
Ma Diego seppe resistere a tutto ciò: il suo talento fu più forte dei soldi, il suo estro fu più potente delle avversità e la sua tenacia fu più lungimirante delle programmazioni oculate di Juventus, Milan e Inter. Diego, con le sue giocate, risarcì i napoletani, per tutte le volte, in cui venivano relegati ai margini, della società, per il semplice fatto di “essere napoletani”. Diego si immedesimò nei napoletani e finì per esserne uno di loro. Ed è per questo che, nonostante lo scorrere inesorabile del tempo, i napoletani rendono omaggio alla propria divinità, a quel “deus ex machina”, sceso dall’Olimpo, per glorificare Napoli.