
Un intervento a cuore aperto, un analisi chirurgica del tessuto criminale che come un cancro infesta ogni angolo della città, una malattia atavica che trasversalmente colpisce giovani e vecchi, donne e bambini. Una cura solo è possibile e si chiama Teatro. Mario Martone portando in scena al Bellini di Napoli “Il Sindaco del Rione Sanità” di Eduardo De Filippo con la compagnia del Nest(Napoli Est Teatro) ha dato valore al senso del Teatro come originalmente inteso, restando fedele alle sue stesse dichiarazioni: “Il teatro è vivo quando s’interroga sulla realtà, se parla al proprio pubblico non solo osando sul piano formale ma anche agendo in una dimensione politica”. E nel teatro gremito di Via Bellini, i bravissimi interpreti in scena hanno parlato al pubblico in sala con un linguaggio teatrale diretto, forte e convincente, alternando più piani linguistici: il napoletano dialettale con il perfetto italiano, in un crescendo di una recitazione ritmica, senza mai tradire imperfezione alcuna.
Da questa sinergia di talenti e visioni, prende vita uno spettacolo che ci mostrerà Antonio Barracano, il “sindaco” che amministra le vicende del rione nato dal genio di Eduardo e che ha dato i natali a Totò, ripensato in chiave contemporanea e calato nella realtà dei giorni nostri. Barracano, interpretato dal giovane e talentoso Francesco di Leva è un uomo forte e debole allo stesso tempo, cerca di gestire gli affari criminali del Rione, non alterandone l’equilibrio, una sorta di sceriffo di Nottingham che ruba ai ricchi per dare ai poveri, che crede nella famiglia e negli affetti ma che gira armato. Assieme a lui sul palco i giovani boss, neanche trentenni che reggono la criminalità della periferia napoletana, interpretati da Massimiliano Gallo, Giovanni Ludeno e molti artisti che compongono il gruppo storico del NEST.

“Un vero uomo sa quando è il momento di fare marcia indietro”, questa battuta ripetuta più volte da Don Antonio e tardivamente compresa da Rafaniello è emblematica del senso dello spettacolo e del messaggio che sottende, una sorta di monito a fare un passo indietro quando necessario, un attimo prima di premere il grilletto, un attimo prima di trovarsi con un proiettile nei polmoni, perché quelli come recita il bravissimo Professore, non si portano a Pompei al Santuario ma agli Scavi per ricordare il regresso dell’umanità.