
La musica oggi è peggiorata. Basti pensare ai cd che sempre meno vengono acquistati e quindi ascoltati. Anche i tormentoni trasmessi dalle radio, poi, si possono contare sulla punta delle dita; resistono ancora quelli dei cantautori storici. Non c’è più un prodotto discografico altamente professionale e raffinato come un tempo da ascoltarlo un’infinità di volte come i dischi dei Beatles, i quali hanno stabilito un record di 500.000.000 dischi venduti nel mondo. Ricordo che molti anni fa c’erano solo dischi in vinile, oggi però ritornati in voga sul mercato: quelli tondi, neri che si posizionano sul piatto hi-fi, che girano alla velocità di 33 o 45 giri, e vengono letti da una puntina meccanica, trainata da un braccio unidirezionale. Spesso si usuravano per la quantità di ascolti anche perché ce ne erano davvero tanti di dischi bellissimi che si ascoltavano davvero molto al punto che si ricompravano di nuovo perché facevano dei fastidiosi rumori come il frusciare della legna quando arde. Adesso però i tempi sembrano essere cambiati, tutto ciò è dovuto allo scarso talento degli artisti che mancano di creatività? Beh, oggi la musica è importata nella tivù tramite i talent show. E’ diventata quasi una regola soprattutto dopo la chiusura delle case discografiche importanti, in quanto i giovani artisti per emergere dal buio cercano in tutti i modi una strada confacente alle loro qualità artistiche. E, quindi, chi non possiede un lancio pubblicitario rimane a casa o sperduto a cantare in anonimato in qualche locale. Poi c’è stata la rivoluzione multimediale di internet che ha sostituito un p0′ tutto tra cui anche i dischi che oggi si mettono in rete tranquillamente senza doverli comprare.
Molti si lamentano di vedere sempre gli stessi nomi di artisti in classifica anziché altri o loro stessi. Il problema della produzione dei dischi è sempre stata un dilemma. Già alla fine degli anni ottanta le case discografiche anche di un certo rilievo chiusero i battenti riguardo le produzioni discografiche. Basti pensare ad un big come Luciano Ligabue, rifiutato dalla produzione di Caterina Caselli, incise il suo primo disco all’età di 27 anni, un’età in cui per alcuni artisti come i Doors coincide con la fine della carriera. Molti talenti dell’epoca probabilmente furono penalizzati da una certa politica discografica soprattutto incentrata verso scelte commerciali anzi su nuovi stili musicali. Difatti, oggi ci ritroviamo con un vivaio molto ristretto di cantautori. C’è anche il fatto che la fortuna ci mette lo zampino per poter sfondare nel campo dello spettacolo. Pochi furono i fortunati, e di sicuro chi per un motivo o per un altro molti prodotti passarono inosservati dagli addetti ai lavori.
L’originalità artistica è una strada che si inerpica verso terre inesplorate, laddove si possono mettere i piedi nelle sabbie mobili, cioè che l’investimento può risultare un “flop”; perciò, di solito, ci rimettono gli artisti autoproducendosi. Infatti, molti artisti e band sono emersi dal sottobosco musicale con successo incidendo i cd con i soldi di tasca loro. Dopotutto avere un contratto nell’industria discografica è diverso dall’essere assunti in una industria tessile, ad esempio, perché il fattore gioca sul talento e non sulla meccanicità del movimento. Si propone una scelta su un qualcosa di opinabile, divino, che è partorito dalla mente, e l’artista in quel momento è immerso come un pesce nell’acquario perché non sa ancora quali potrebbero essere gli esiti delle vendite del disco, che dovrebbe segnare in un certo qual modo un momento felice della nostra esistenza. In realtà, credo, che oggi ci sia una scarsa creatività forse dovuta al fatto che molte canzoni siano già state scritte sul pentagramma musicale. E, infatti, non è raro ascoltare pezzi che ricordano frasi musicali già sentite, un rimasuglio di testi rimescolati con garbo. La musica, insomma, rimarrà sempre un veicolo culturale molto importante nei secoli perché accomuna intere generazioni e non solo giovani, perciò è di obbligo comporla bene!