

La protesta anti-razzismo di Sulley Muntari(calciatore del Pescara), fa il giro del mondo. Il calciatore ghanese(ex di Inter e Milan) in seguito ai continui insulti razziali che i tifosi del Cagliari gli hanno rivolto nel corso della partita, ha lasciato il campo. Prima però il giocatore ha tentato un dialogo con i tifosi e ha litigato con l’arbitro Minelli che non è stato in grado di gestire la situazione e alla frase del calciatore pescarese “Questo è il colore della mia pelle”, gli ha sventolato in faccia il cartellino giallo e addirittura lo espelle per aver abbandonato il terreno di gioco. Un tempismo perfetto del giovane arbitro…
Da Le Monde al Guardian e persino dall’Onu, l’episodio di Cagliari di domenica scorsa ha avuto un’eco internazionale. Proprio l’Organizzazione Delle Nazioni Unite, ha infatti invitato la FIFA a prestare maggiore attenzione al persistente problema del razzismo negli stadi di calcio. L’Alto Commissario per i diritti umani, Zeid Ra’ad al-Hussein ha così definito Muntari: “Fonte di ispirazione per tutti noi qui all’ufficio Onu per i diritti umani”.
Anche Nicola Legrottaglie, attuale vice allenatore del Cagliari, nonchè ex calciatore tra le altre di Juventus, Milan e Catania, ha commentato in un post su Facebook quanto accaduto a Muntari, citando Martin Luther King: “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli e a nuotare come i pesci, ma non a stare insieme come fratelli”. L’ex calciatore poi continua: “Il brutto episodio accaduto domenica nei confronti di Muntari ne è un esempio. Lo ritengo naturalmente deprecabile e condannabile, ed esprimo al giocatore la mia piena solidarietà. Il razzismo, però, non è l’unico atto di intolleranza e di violenza, anche solo verbale, da arginare. I “buuu” offendono l’uomo per il colore della pelle, come le bestemmie lo offendono per il proprio credo o gli insulti per le condizioni personali. In tutti questi casi si è intolleranti con la stessa gravità. Come è possibile fermare il gioco o qualunque attività si stia svolgendo per ognuno di questi atti? L’arbitro dovrebbe interrompere l’incontro ogni volta che sente Buu, ogni volta che sente un porco…, ad ogni figlio di… etc…” .
Quindi per Legrottaglie, abbandonare il campo come forma di protesta è il modo sbagliato di affrontare la situazione, in quanto così facendo si sta al gioco di chi vuole farci sentire inferiori. L’ex calciatore della Juventus, in riferimento alla questione secondo cui era stato proprio un ragazzino in presenza di genitori ad insultare Muntari per il colore della sua pelle, afferma: “Sul fatto che allo stadio ci siano dei bambini e sia importante dare l’esempio, sono pienamente d’accordo. Però sospendere il gioco ad ogni episodio diseducativo non è la soluzione. Vincere la sfida contro l’odio, la violenza o la furbizia, sì. Facciamolo insieme”.
Parole che fanno riflettere quelle dell’ex juventino, però c’è da aggiungere che Muntari non è certo impazzito di colpo. Il calciatore ghanese, dopo più di 10 anni di professionismo, dopo aver vinto il triplete con l’Inter, aver giocato con il Milan, non è nuovo a questi attacchi e quindi non è pensabile che Muntari stesse parlando animatamente con il pubblico senza un motivo preciso e di colpo abbia deciso di abbandonare il campo in una partita che non contava nulla per il Pescara ai fini della classifica, in quanto già retrocesso. Si presume sia stato questo il pensiero del direttore di gara, quando guardando diritto negli occhi il ghanese, ha deciso di ammonirlo. Quello che è accaduto domenica è assurdo ed molto grave. Sarebbe il caso di intervenire pesantemente sull’arbitro Minelli e su chiunque sia responsabile di non aver fermato la partita.
Chi segue ed ama il calcio, sa che in qualsiasi competizione c’è sempre la solita parola ricorrente: “RESPECT”. Basti pensare che il video ufficiale della Champions League recita lo slogan: “Say no to racism” , che tradotto in italiano vuol dire “no al razzismo”. Quindi Muntari come minimo andava ascoltato, bisognava chiarire la situazione in modo tale che si calmassero gli animi e poi si poteva, nell’eventualità, continuare a giocare. Era lecito tutto ma non l’ammonizione. Questo è un gesto che dovrebbe essere punito e condannato con la sospensione del direttore di gara.