
…Ci risiamo. Sembra quasi che Avellino e Juve Stabia abbiano deciso di non vincere fino a quando non si sa, forse fino alla prossima primavera, quando il tepore del carro del sole annunciato da Venere magari riuscirà a riportare una buona stella sotto i cieli del pallone campano di cadetteria. E allora speriamo che la primavera giunga precoce, cominciando a credere troppo alle depressioni stagionali da winter blues trasmessi agli umori prestipedatori.
Piccola (ma necessaria) premessa: per motivi personali di chi scrive, questo numero della rubrica sulla serie B avrà lunghezza e dovizia di commento inferiori rispetto al solito, ma non è detto che sia un male, soprattutto per chi legge…
Allora, cari (e incontentabili) lettori, nel pomeriggio di sabato scorso lupi e vespe hanno buttato via due vittorie che cricchiano rabbia dai denti. Rabbia da consumarsi contro carabattole impreviste diverse, ma sempre in linea col momento strutturalmente negativo.[divider]
Cominciamo da Castellammare, dove i padroni di casa, in vantaggio di tutto sull’avvilito Cittadella (punteggio, uomini in campo, cifra di gioco, tifosi, calci d’angolo, rigori sbagliati e altro ancora) tranne che di punti in classifica, riescono a farsi pareggiare la partita e a fare esonerare mister Pea. Il sergente di Casalpusterlengo ha ottenuto diversi giocatori dalla dirigenza, una mini rivoluzione di ruoli e di volti, il solo renzismo di Castellammare forse, ma in cambio è riuscito a dare non più di sette punti in undici partite. Proprio come il suo antecessore, il “dandy” di gioco e di costituzione Piero Braglia, mai dimenticato fra i tifosi dei gialloblù e richiamato sulla panchina (anche) dalla folla stabiese. La folla stabiese ha ragione, Braglia è il mito vivente e operante della storia delle vespe, non è stato bello mandarlo via. Forse non sarà bello neanche richiamarlo a nave quasi affondata, ma almeno la nave affonderà con il suo vero capitano a bordo. Il sergente Pea ha fatto il suo lavoro, è anche riuscito là dove era il suo compito principale, e cioè dare maggiore rigore difensivo alla ciurma, ma questo non è bastato per fare l’agognato filotto indispensabile per riavvicinarsi alle posizioni di classifica precarie ma non ancora esodate dalla lotta. La fortuna neanche lo ha accompagnato, è vero, ma un sergente di ferro non piange mai. E Pea non ha mai pianto, anche quando avrebbe potuto farlo e frignando unirsi ai cori ripetitivi e stantii di cui si nutrono le cronache pallonare. Braglia troverà una squadra diversa da quella che gli hanno fatto lasciare a fine novembre, meno sbarazzina e monella, quindi sarà più complicato riabituarla alle avventure e alle scorrerie del suo modo di vedere i giannizzeri in campo, ma il campo stesso e soltanto potrà smentire il nostro giudizio forse precostituito.[divider]
Passiamo all’Avellino. E che diciamo? Abbiamo anche promesso di non dilungarci troppo…E allora arriviamo subito alla fine della partita fra Varese e Avellino sul campo del “Franco Ossola” per una volta terso e limpido di luce gibigiana. I lupi irpini stanno vincendo con merito l’incontro, giocano proprio meglio degli arzigogolati varesini (che non riescono mai a trasformarsi in semplici varesotti), li aspettano sulla trequarti difensiva e ripartono a meraviglia attraverso il “tremolado” centrocampo dei locali; affondano quasi a piacimento nella difesa delle V rosse, segnano un bel gol nel primo tempo che però non viene visto da nessuno e da nessuno reclamato, segnano un gol visibilissimo nel secondo tempo su calibrata punizione di Ciano, prendono una specie di traversa, qualche insulto leghista, qualche giocata europeista di Galabinov. E soprattutto non rischiano mai, ma veramente mai, davanti al tranquillo Terracciano. All’ultimo dell’ultimo minuto di recupero, quando i soliti tanti tifosi da trasferta dei verdi (Irpinia, mica lega lombarda) già stanno celebrando la prima vittoria della loro squadra sul campo della ricca Varese, quando l’orgoglio incorruttibile della comunità irpina migrante nelle terra dei laghi è sul punto di azzerare per un bellissimo pomeriggio le differenze fra loro e noi, arriva la seconda grave (e purtroppo decisiva) inadempienza di giornata di tale Manganiello di Pinerolo, nome evocativo di altri possibili emigranti irpini sotto Prealpi un po’ più occidentali. Non sappiamo se l’arbitro Manganiello abbia davvero origini ad Avellino e dintorni, certo è che se così fosse e non voleva far capire nulla, ci è riuscito benissimo. Dicevamo di un ultimo minuto di recupero, il ricorrente quarto, e di un corner per il Varese, solo il secondo. Nell’area dei lupi arrivano tutti i ventidue in campo, i raccattapalle, un gruppo di facchini dell’aeroporto Malpensa e qualche animale di passaggio dal Sacro Monte di Varese, evidentemente accompagnato anche dalla benedizione della potente santa Maria del Monte. Il traversone che parte dall’angolo romito è buono ma non è parabola tremenda, e infatti Terracciano salta al centro della sua area, la sacra area piccola del portiere, e fa per abbrancarlo. Lo abbrancherebbe pure se solo lo stopperino casalingo brasiliano Ely, con il concorso di chissà quanti altri, non lo travolgesse. Il pallone finisce in rete, ufficialmente su paperata del portierino. Lapalissianamente su carica al portierino. Che si arrovella l’anima e piange la sua palpabile innocenza. Mastro Rastelli deve faticare tanto col suo fisico da eterna seconda punta di movimento per impedire alle orecchie del Manganiello ingrato, e dei suoi assistenti bisex, di sentire le gentili querimonie dei suoi ragazzacci in terzo tempo. Peccato. Per tutto.[divider]Se vuoi ascoltare l’articolo letto dai nostri redattori clicca qui
Piccola (ma necessaria) premessa: per motivi personali di chi scrive, questo numero della rubrica sulla serie B avrà lunghezza e dovizia di commento inferiori rispetto al solito, ma non è detto che sia un male, soprattutto per chi legge…
Allora, cari (e incontentabili) lettori, nel pomeriggio di sabato scorso lupi e vespe hanno buttato via due vittorie che cricchiano rabbia dai denti. Rabbia da consumarsi contro carabattole impreviste diverse, ma sempre in linea col momento strutturalmente negativo.[divider]

