
Il 30 marzo si è celebrato il World Bipolar Day, la giornata mondiale del disturbo bipolare. A promuovere tale iniziativa, al fine di sensibilizzare le coscienze e combattere la stigmatizzazione sociale, è l’International Society for Bipolar Disorders.
Il disturbo bipolare, noto anche come malattia maniaco-depressiva, è una condizione invalidante ed altamente complessa. Essa provoca repentini cambiamenti dell’umore – oscillazioni che vanno da fasi di euforia a fasi di malinconia cronica – nonché apparentemente inspiegabili alterazioni del livello di energia. Dati tali effetti, è facile comprendere come il bipolarismo riesca a compromettere gravemente l’aspetto relazionale e professionale di chi ne è affetto, riuscendo a ostacolare finanche le più ordinarie attività quotidiane.
La maggior parte degli scienziati ritiene che, alla base dei cosiddetti disturbi dello spettro bipolare – non vi sia un’unica causa scatenante ma, bensì, un’interazione di diversi fattori, tra cui questioni genetiche e ambientali. Resta, tuttavia, una patologia che, se affidata alle mani di specialisti, può essere curata.
A dispetto della complessità di tale patologia e della gravità delle sue conseguenze, è piuttosto diffusa l’idea che esista un profondo ed implicito legame tra il disturbo bipolare e la genialità o creatività. A supporto di tale tesi, si è soliti andare a spolverare le biografie di non pochi nomi che hanno segnato la storia del nostro mondo: poeti come Lord Byron e Alda Merini, scrittori come Ernest Hemingway e Virginia Woolf; uomini politici come Napoleone Bonaparte e Francesco Cossiga; musicisti come Rossini, Mahler e Cobain; pittori come Michelangelo, Caravaggio e Van Gogh. Non è un caso, infatti, che sia stato scelto proprio questo giorno, la nascita di Vincent Van Gogh, per celebrare il World Bipolar Day.
Nonostante alcun studi clinici, l’esistenza di una connessione tra bipolarismo e genialità deve ancora essere dimostrata in maniera definitiva. È anche vero, inoltre, che laddove esistesse realmente, questo coinvolgerebbe unicamente pazienti in cui il disturbo si manifesta nella sua forma più lieve, ovvero lì dove la malattia non è così pervasiva e debilitante al punto da divenire una prigione mentale.
Come ricorda tpi.it, dunque, «è lecito provare a ridimensionare l’idea per cui la genialità di alcuni artisti fosse dovuta alla loro “pazzia”». «In altri termini, è possibile pensare che artisti con gravi forme di disturbo bipolare come Vincent Van Gogh, Ernest Hemingway o Kurt Cobain non siano stati geniali in quanto bipolari, bensì lo siano stati nonostante il loro essere bipolari».