
Venerdì 12 ottobre ore 21, debutta sul palco del Nuovo Teatro Sanità, “Il viso di un altro”, secondo appuntamento del progetto Circle Festival, realizzato con il sostegno di MIBAC e SIAE, nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura”. Lo spettacolo, scritto dal drammaturgo greco Jannis Papazoglou, è messo in scena nella traduzione di Giorgia Karvunaki, interpretato da Marcello Manzella e Giulia Iole Visaggi, con la partecipazione di Armando De Giulio, per la regia di Gianni Spezzano. Il testo ha al centro il tema della crisi dell’identità ed è permeato dalla disperazione di una classe sociale che lotta contro un sistema economico impietoso, sullo sfondo, l’eco della crisi di Atene e lo spettro della Grexit. Repliche, sabato 13 ottobre ore 21 e domenica 14 ottobre ore 18. Info e prenotazioni al 3396666426 oppure all’indirizzo e-mail info@nuovoteatrosanita.it. Il costo del biglietto per gli spettacoli di Circle Festival è di 5 euro.
Tommaso è un impiegato del reparto-contabilità di un’azienda che, di lì a poco, è costretta a chiudere e a trasferirsi altrove, in un paese nel quale le condizioni lavorative favoriscono maggiormente gli interessi economici dell’imprenditore. Licenziamento, disoccupazione, i debiti bancari che aumentano portano alla disperazione Tommaso che, in preda allo sconforto, accetta la sconcertante proposta del suo ex-datore di lavoro. Cede al ricatto emotivo ed economico: subire la “cancellazione” della propria identità, accettando di diventare il sosia dell’industriale. Una donna, un chirurgo plastico, assume la responsabilità della sua totale trasformazione fisica; una trasformazione esteriore che si traduce anche in un forte cambiamento interiore.
Il falso, l’impostore, il sosia deve assomigliare il più possibile all’originale. Ma le cose non procedono come dovrebbero. «Più si scende in questo delirio di identità — spiega il regista Gianni Spezzano —, in cui l’involucro non corrisponde alla memoria dei ricordi, più affiora una violenza repressa che si nutre di ingiustizia e avidità di potere. La messa in scena racconta l’incontro tra l’imposizione dell’economia e la sua fittizia ricchezza. Tutto si tinge di militaresco. Sembra di assistere alla dittatura dell’Economia, alla sovranità dei mercati, alla sacralità inviolabile del Dio Denaro che tutto può, anche trasfigurarsi, camuffarsi, ingannare. La vicenda suggerisce un’ambientazione distopica, uno sguardo su un futuro molto probabile, in cui la distanza tra le classi sociali si è fatta più netta e i nuovi poveri, o forse semplicemente le vittime di quel sistema economico spietato, si sono organizzati per tentare di capovolgere la situazione».