
C’era una volta, nel cuore pulsante del quartiere Vomero-Arenella, un piccolo polmone verde che tutti conoscevano come i giardinetti di via Ruoppolo.
La “Villetta” che mi ha aiutato a crescere
Mia madre, con un tocco di eleganza, li chiamava “la Villetta”. Un nome che evocava quiete, ordine e bellezza. E in effetti, quel fazzoletto di terra era un rifugio urbano: aiuole curate, siepi che disegnavano percorsi, vialetti che si intrecciavano tra panchine e chiacchiere, tra giochi e sogni. Da un lato, una pista di pattinaggio a rotelle; dall’altro, il conduttore di carrozzella con il suo cavallino, pronto a regalare qualche ora di meraviglia ai bambini. Quanti giri intorno alla villetta ho fatto anch’io seduta sul calessino accompagnata dal nonno. Quanti pomeriggi assolati ho trascorso all’ombra di quei grandi e vigorosi alberi, quante uscite da scuola si concludevano lì, tra le risate degli amichetti e il profumo dell’erba vera. Quanti bei ricordi conservo di questi giardinetti che mi hanno aiutato a crescere.

Dai giardinetti a Parco Mascagna
Ma tutta la poesia dei giardinetti di via Ruoppolo, come spesso accade, ha ceduto il passo alla modernità. O meglio, ad una “ristrutturazione” che ha avuto più il sapore della distruzione. Da circa vent’anni, quel giardino è diventato solo un ricordo. Quest’isola verde, a seguito di interventi scomposti e maldestri, è decaduta nell’abbandono e nel degrado. Le zone pavimentate hanno divorato il verde, le aiuole sono state coperte da erba sintetica, il cavallino è stato sostituito da una giostra rumorosa e luminosa. E gli alberi? Molti a causa dell’incuria e per ragioni di sicurezza, sono stati abbattuti. La parola ripiantumazione è diventata una promessa non mantenuta, pronunciata solo prima di tagliare, mai dopo.
Il parco Mascagna, chiuso sempre per motivi legati alla sicurezza, è stato riaperto dopo due anni. Questo il tempo necessario per restituire all’utenza un parco finalmente sicuro. Ma l’obiettivo non è stato raggiunto. I giovani arbusti, piantati in sostituzione delle “pericolose” piante abbattute, lasciati senza cure, dopo qualche mese si sono seccati e lasciati morire. Le nuove piantine, messe a dimora in fretta e furia il giorno prima dell’inaugurazione, sono durate meno di 48 ore: calpestate, prese a pallonate, dimenticate.

Appena una settimana fa è stato divelto un altro albero che offriva ombra nelle torride giornate estive. Probabilmente l’eccessivo peso di un ramo, aggravato da potature mal eseguite o non eseguite affatto, e la violenza dell’ultimo temporale di fine agosto, ne hanno causato la spaccatura. Così, l’unico rimedio possibile è stato quello di “risolvere il problema alla radice”, è proprio il caso di dirlo. Ora resta solo un tronco spezzato, muto testimone di ciò che è stato.
Curare il verde per creare ricordi
Mi si stringe il cuore a vedere scomparire, pezzo dopo pezzo, quello che è stato il fiore all’occhiello di questo quartiere, di questa via, nota a tutti proprio per l’esistenza di questo verde pubblico. Un luogo che non era solo verde, ma memoria, comunità, infanzia. Mi dispiace per le nuove generazioni che potranno solo ricordare di aver giocato su di un prato che non profuma di nulla, tra auto parcheggiate e fatto qualche giro su un cavallino di plastica.