
Una fotografia può esprimere il senso di un intero Festival del cinema? Eccome! Quella della 32° edizione del Torino Film Festival parla forte e chiaro. Si tratta di un autoscatto del 1975 di Jerry Schatzberg, esponente di rilievo della New Hollywood, una foto dunque con un richiamo esplicito quindi alla freschezza, al rinnovamento che è racchiuso in quest’immagine di un uomo (lo stesso autore) che imprime la propria figura su di uno specchio frantumato. Una fotografia suggestiva, innovativa e sorprendente. Schatzberg inizia la sua carriera negli anni ’60 per Vogue, Esquire e Cosmpolitan ma solo negli anni ’70 giunge all’acme della sua carriera con il lavoro per la realizzazione della copertina dell’album “Blonde on Blonde” di Bob Dylan. Nel 1975 Shatzberg dirige Mannequin – Frammenti di una donna ma anche Lo spaventapasseri, che si aggiudica la Palma d’oro di Cannes. Lui è un rivoluzionario e, ben presto, la fotografia dell’uomo sullo specchio diventa un manifesto di anticonformismo, rottura per urlare al mondo che ogni essere vivente è libero, diverso da tutti gli altri ma non per questo sporco e negletto.
L’immagine ci comunica che l’uomo ed ogni uomo è un artista della propria esistenza e può farne ciò che vuole. Anche decidere, da un giorno all’altro di diventare qualcun altro. Se volgiamo lo sguardo alle edizioni passate del Festival ci rendiamo conto di quanto questa 32ma edizione sia centrale nello sviluppo, forse, di un percorso di cambiamento stile. Si vuole sicuramente rendere omaggio in retrospettiva alla New Hollywood, ma non è solo questo.
E’ il momento giusto per il Festival e per il paese di rompere con le regole, andare al di fuori, al di sopra e in ogni lato per scoprire realtà, facce, sapori diversi da quelli ai quali siamo abituati, ormai comodi e confortanti. Un invito inestimabile a sconquassare, stravolgere totalmente ogni schema viziato da preconcetti, da ogni cavillo o pregiudizio. In un momento in cui tra politici ciarlatani, disoccupazione, immigrazione fastidiosa come la peste, assassini di specie protette e sentinelle che pregano l’eclissi dei gay, bhè, in questo momento direi che un Festival del genere non può che essere salutare, rigeneratore quasi, per gli appassionati di cinema e adoratori della libertà ma specie per tutte quelle le coscienze messe in vitro, robotizzate nell’intento di preservare idee o costumi dai secoli ormai trascorsi, vecchie e non antiche. Perché l’antico è l’antitesi felice del nuovo, mentre il vecchio è morto prima. Da sempre. Allora non dobbiamo fare altro che aspettare il programma del Torino Film Festival (21-29 novembre 2014) e poi goderci lo spettacolo di questa meraviglia che cambia ogni anno volto, insegnandoci a trasformarci costantemente.