
Presso la Basilica di Santa Maria Maggiore della Pietrasanta, tesoro nascosto al pubblico da molti anni, dal 6 dicembre al 28 maggio avrà luogo una mostra d’arte, “I tesori nascosti” (vedi sito) da un’idea di Vittorio Sgarbi, con l’esposizione di opere di Michelangelo da Caravaggio, Vincenzo Gemito e Tino di Camaino.
Le opere esposte, ritrovate ma non clandestine, come racconta l’ideatore, non sono fruibili nei musei pubblici, poichè appartengono a collezionisti privati, oppure a fondazioni oppure ad istituzioni. Il biglietto, 12 euro, è al limite ma di occasioni simili non ce ne sono a dozzine. Si tratta di un centinaio di opere di pittura e scultura di autori tra cui Giuseppe Ribeira, Francesco Solimena e Luca Giordano, A. Smick Pitloo, Filippo Palizzi e Domenico Morelli, e infine anche Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi, Antonio Ligabue, insomma si tratta di capolavori dell’arte italiana ma prevalentemente napoletana.
La mostra a sua volta va a impreziosire un gioiello che è incastonato nel cuore dell’antiche strade della città partenopea, il cui assetto era prima greco e successivamente romano. Ci troviamo nel decumano maggiore, in via dei tribunali, che si sviluppa dal lato orientale della città a quello occidentale, ed intersecato da stradine strette, finanche tre metri, che vanno da nord a sud e che nel loro insieme rappresentano l’anima del capoluogo campano. A pochi passi dalla basilica c’è il conservatorio intitolato a San Pietro a Majella che rappresenta anche il punto d’inizio del decumano il quale si sviluppa fino ad incrociare Piazza San Gaetano, dove una volta c’era l’agorà e dove adesso i turisti terminano la passeggiata passata ad ammirare il lavoro dei bottegai di San Gregorio Armeno. Poi prosegue recidendo via Duomo per terminare a Castel Capuano. Qui alle 11:30 del 5 dicembre è prevista la conferenza stampa dell’evento, alla presenza dell’ideatore e delle autorità locali.
Il Centro storico di napoli è patrimonio Unesco già dal 1995 e la ristrutturazione insieme al recupero della basilica, che si identifica con il luogo di culto più antico della città, fanno parte di un progetto che ha coinvolto risorse molto importanti. La Basilica è stata affidata all’Associazione Pietrasanta Polo Culturale in comodato d’uso dalla Curia Arcivescovile già da qualche anno ed ha raccolto in qualche modo l’eredità di questo luogo, che è un emblema del crocevia di culture che si sono avvicendate nel meridione. Anticamente sede di un tempio pagano, in epoca greca dedicato al culto della Dea Iside. Al tempo dei romani fu luogo di culto della Dea Diana. Successivamente, sui resti del tempio romano San Pomponio vescoco nel 533 a.C. fece erigere la prima basilica con impostazione paleocristiana. Tra il 1653 e il 1678, su progetto di Cosimo Fanzago ebbero luogo i lavori per la realizzazione dell’attuale complesso architettonico come appare oggi e che apparteneva ai Chierici minori già dalla fine del 1500. La denominazione della “Pietrasanta” viene dal fatto che al suo interno era custodita una pietra che, una volta baciata procurava l’indulgenza. Della pietra, forse di marmo, non è rimasta traccia.
Nel 1823 dopo la soppressione del Monastero fu adattata a Caserma dei pompieri, destinazione rimasta fino ad oggi. Il campanile in mattoni è del VI secolo e probabilmente a causa dell’innalzamento del livello stradale la sua base appare oggi più bassa, ma nel medioevo il grande arco al di sotto del campanile permetteva il passaggio di persone.
I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale colpirono gravemente la chiesa ed il restauro fu portato a termine solo nel 1976. Nella cripta sono conservati resti di un antico mosaico romano. Nel sottosuolo della Chiesa, nel 2011, gli speleologi hanno ritrovato alcuni simboli templari, nell’acquedotto sottostante. Oggi viene restituita al pubblico come spazio museale.