
Si aggrava sempre più la situazione sullo scandalo Mose. Dopo l’ondata di arresti che ha scosso la città lagunare la scorsa settimana, arrivano nuovi dettagli sul caso.
A partire dagli sviluppi che interessano il sindaco Giorgio Orsoni a cui poche ore fa sono stati revocati i domiciliari, pur rimanendo tra gli indagati , per finire con nuovi dettagli delle indagini che si allargano a macchia d’olio.
Dall’inchiesta, già ribattezzata la tangentopoli veneta, è emerso che gli esponenti del Mose non avrebbero finanziato solo esponenti del centrodestra, ma avrebbero contribuito anche all’attività di personaggi di primo piano del Partito democratico come Enrico Letta, aiutato attraverso un incarico fittizio di 150 mila euro. A scoperchiare questo bollente calderone è Roberto Pravatà, vicedirettore generale del Consorzio, per trenta anni fidatissima e silenziosa ombra di Giovanni Mazzacurati, meglio noto come il grande burattinaio del baraccone della macchina da soldi. Ma non è finita qua perché nel grande polverone alzato dai magistrati che hanno condotto l’inchiesta è coinvolto anche il capoluogo partenopeo, nello specifico nella persona di Emilio Spaziante, generale in pensione della Guardia di Finanza. Spaziante è stato arrestato la scorsa settimana per avere fornito alle persone sotto inchiesta e intercettate, informazioni sulle indagini in corso, sui telefoni sotto controllo, sul lavoro della Guardia di Finanza: Ma ora l’ex dipendente della gdf è indagato in un altro filone dell’inchiesta della Procura di Napoli che pare riguardino verifiche fiscali pilotate. Al momento non si conosce l’ipotesi di reato per la quale e’ stato iscritto nel registro degli indagati, ma si attendono presto sviluppi.