Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana di 47 anni condannata nel 2006 alla lapidazione, in primis, e in secondo luogo
a dieci anni di carcere per adulterio e con l’accusa di aver ucciso il marito, ieri, 20 marzo 2014, è uscita dal carcere per buona condotta. A darne la notizia è stato il suo avvocato, l’italiano Bruno Malattia che aveva patrocinato il caso al Parlamento Europeo. Il provvedimento di clemenza, avvenuto in concomitanza con l’anno nuovo secondo il calendario iraniano, è stato ufficialmente annunciato da Mahamad Javad Larijiani, responsabile dei diritti umani in Iran. Sakineh, il cui caso ha comportato una mobilitazione internazionale, nel 2006, come sopra citato, fu condannata, ma nel 2010 la sentenza fu sospesa. Nello stesso anno accadde che rischiò l’impiccagione in un processo per l’uccisione del marito e che Il Comitato internazionale contro la pena di morte e la lapidazione, guidato dall’iraniana Mina Ahadi e con sede in Germania, diede notizia della sua morte. Successivamente smentita dalle autorità iraniane. [divider]Nel 2012 gli avvocati comunicarono che il regime islamico non erano più intenzionato a condannarla a morte e che avrebbe tramutato la pena in una reclusione. La tv di Stato iraniana, mostrò la confessione della donna riguardo l’uccisione del marito: si dichiarò colpevole.
Secondo Sajad Qaderzadeh, figlio di Sakineh, la madre fece questa dichiarazione sotto tortura. All’attenzione del Parlamento Europeo fu mostrato un dossier dove si dimostrava l’innocenza della donna e le
violenze subite dal suo avvocato in Iran, Hutan Kia. Tra i governi che tanto si mobilitarono per la sua liberazione anche quello italiano con Franco Frattini, in quel periodo Ministro degli Esteri.
Attualmente si attende conferma da parte della famiglia di Sakineh sul suo rilascio e sulla tanto attesa e sperata grazia.[divider]Se vuoi ascoltare l’articolo letto dalle nostre redattrici clicca qui
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